mercoledì 27 ottobre 2010

FRANCESCO : PERCHE’ A TE?

In occasione delle celebrazioni per l’ottavo centenario della nascita, l’allora pontefice Giovanni Paolo II ebbe ad occuparsi in più occasioni e con svariate catechesi del nostro amabilissimo padre S.Francesco .Fra le altre cose ( difficile fare una selezione ) ebbe a dire : “ Nel libro I fioretti ..... si legge che un giorno frate Masseo, uno dei primi compagni del poverello, rivolse al santo questa domanda: "Perché a te tutto il mondo viene dietro?". A otto secoli dalla nascita di s. Francesco, questa domanda conserva tutta la sua attualità. Appare, anzi, piú giustificata oggi che allora. Non solo, infatti, è andata ingrossandosi, in questi otto secoli, la schiera di coloro che hanno seguito da vicino le orme di Francesco, abbracciando la regola di vita da lui tracciata, ma anche l'ammirazione e la simpatia di tutti gli uomini, anziché affievolirsi col passare del tempo - come suole avvenire nelle cose umane -, si sono fatte sempre piú profonde e universali, lasciando un'impronta indelebile, nella spiritualità cristiana, nell'arte, nella poesia, e in quasi tutte le espressioni della civiltà occidentale. La nazione italiana, che ha avuto il privilegio di donargli i natali, lo ha eletto suo principale patrono, insieme con l'altra grande sua figlia, Caterina da Siena. Il suo nome ha varcato, poi, i confini d'Europa, tanto che a ragione si possono applicare a lui le parole del vangelo: "dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che egli ha fatto".
.....Francesco appare come l'uomo del consenso universale, nel senso che tutti gli uomini che sono venuti a conoscenza del suo tenore di vita si accordano nel ritenere pienamente valido il modello di umanità da lui realizzato. Di qui l'opportunità di riporci, ....... l'ingenua domanda di frate Masseo: perché tutto il mondo va dietro a Francesco d'Assisi?
Una prima risposta a tale domanda sembra potersi esprimere cosí: gli uomini ammirano e amano il santo d'Assisi perché vedono realizzate in lui, in maniera esemplare, quelle cose alle quali essi maggiormente anelano, senza tuttavia riuscire spesso a raggiungerle nella propria esistenza, e cioè la gioia, la libertà, la pace, l'armonia e la riconciliazione tra di loro degli uomini e delle cose. “
La maggior parte dei santi sviluppa infatti la propria perfezione sviluppando  e valorizzando solo alcuni aspetti particolari della personalità di Colui che rappresenta il modello per ognuno . Un santo completo, totale, sembra invece  Francesco, un santo di una cattolicità , in questo senso appunto universale, che riesce ad affascinare ancora uomini di ogni età, razza, religione ed estrazione sociale ponendo al tempo stesso innumerevoli difficoltà interpretative.
Diceva un noto studioso medievalista , Franco Cardini, :” Non piacere a nessuno è una bella sfortuna: ma piacere a tutti è per un personaggio storico (specie se questi è anche un santo) una sfortuna forse ben maggiore. Ci sono stati così proposti negli ultimi decenni, da più parti e con innumerevoli sfaccettature, un Francesco tradizionalista e uno progressista, uno ipercattolico e uno prelaicista, uno ligio e uno ribelle, uno di destra e uno di sinistra, uno socialista e uno fascista: Francesco sempre e Francesco mai. Altro che l'alternarsi di un Francesco «con»  e di uno «senza» barba, sul quale hanno riflettuto storici dell'arte e iconologi!
Il Povero d'Assisi continua ad attirare interessi e a provocare occasioni celebrative. Patrono d'Italia, patrono degli ecologisti e di un sacco di altre cose, è , senza dubbio alcuno, il santo più celebre del mondo cattolico e uno dei personaggi  più noti, amati e ammirati della storia dell'umanità. Per quel
poco che di lui con certezza si sa, rifuggiva dalle cerimonie: eppure ogni anno la sua tomba riceve omaggi d'ogni genere. Riparava con le sue mani le povere chiese fatiscenti e insiste­va sul fatto che quelle destinate alla sua fratemitas avrebbero dovuto essere spoglie e disadorne: eppure, è nel nome suo e del suo Ordine che sono stati eretti alcuni fra i templi più belli d'Europa. Proclamava il Vangelo unico e sufficiente viatico per lui e per i suoi frati: eppure, gli uomini rivestiti del suo saio di sacco bruno invasero le università e divennero i pro­tagonisti del rinnovamento della cultura filosofica e addirittura scientifica del medioevo. Insomma, sembra proprio che nessuno più di lui sia stato al tempo stesso più onorato e più tradito.
Questo Francesco, sul quale si sono scritte biblioteche inte­re mentre gli scritti che egli ci ha lasciato e i documenti più autentici che lo riguardano riempiono a malapena un piccolo libro, resta un'incognita..”
Non facciamoci dunque illusioni : l’idea che abbiamo di S. Francesco potrebbe essere sbagliata, in tutto o in parte, per questo è importante anzi doveroso che ognuno intraprenda un nuovo viaggio fatto possibilmente non solo di studio ma soprattutto di preghiera, incentrata su quelle poche cose certe che di lui possediamo, per tentare di svelare il mistero di un uomo la cui ricerca di senso sbocciò in una fede incrollabile in Dio e nella Chiesa cattolica , in una vita pienamente felice e realizzata , alla quale tutti più o meno consapevolmente tendiamo , e che nell’intimo intuiamo esserci vicina nella vita e nell’esempio di questo fratello coraggioso e così semplicemente normale.
Cominciamo dunque a seguire le sue tracce....
 
Giovanni Paolo II : VIII CENTENARIO DELLA NASCITA DI S. FRANCESCO D'ASSISI 15 agosto 1982,
Franco CARDINI : S. FRANCESCO D’ASSISI


martedì 19 ottobre 2010

Io dormo, ma il mio cuore veglia.

Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato
l'amato del mio cuore;
l'ho cercato, ma non l'ho trovato.
( Ct. 2,3 )

mercoledì 13 ottobre 2010

                     Tutti abbiamo le ali, ma solo chi sogna impara ad usarle
                     ( Jim Morrison)

venerdì 8 ottobre 2010

Le tracce del sacro nei versi degli U2....

"A dodici anni adoravo Davide:  per me era come una pop star, le parole dei salmi erano poesia e lui era un divo. C'è da dire che, prima di diventare profeta e re di Israele, Davide aveva dovuto subirne parecchie:  era andato in esilio e poi finì in una caverna dove fece i conti con se stesso e con Dio. Ed è proprio lì che la soap opera si fa interessante:  Davide compone il suo primo blues". Detta così, ha tutta l'aria di un'affermazione irriverente. E invece questa dichiarazione fatta da Bono, il leader degli U2, una delle rock band più importanti degli ultimi trent'anni, può essere letta come una originalissima dichiarazione di fede. Una fede che peraltro emerge, a volte più marcatamente altre in modo più sfumato, in buona parte della produzione musicale del gruppo di Dublino. "Nella musica degli U2 - ha spiegato una volta Bono, al secolo Paul Hewson - ci sono cattedrali e strade. Le strade conducono alle cattedrali e mentre ci cammini ti senti nervoso, come se qualcuno ti seguisse. Se ti volti non c'è nessuno. Poi finalmente entri nelle cattedrali e solo allora capisci che c'era davvero qualcuno che ti seguiva:  Dio". Da autentico irlandese, Bono non ha mai nascosto il suo essere cattolico, ma forse non tutti, se non i fan più incalliti, sono riusciti a scovare nelle sue canzoni molti richiami alla Bibbia, dalle semplici allusioni a vere e proprie citazioni. A guidarci in questa singolare ricerca filologica è il critico musicale Andrea Morandi in U2. The Name Of Love (Roma, Arcana, 2009, pagine 664, euro 22), un libro in cui vengono analizzati tutti i testi di Bono, dal primo album, Boy del 1980, all'ultimo, No Line On The Horizon dello scorso anno. Un lavoro interessante e sorprendente, visti i risultati:  "La presenza della Bibbia nei primi dischi - afferma, infatti, Morandi -  era una cosa nota. Ma che continuasse  in  modo  persistente  fino all'ultimo cd è stata una vera scoperta". Certo, a molti giovani farà un certo effetto scoprire una così forte religiosità in una rock star del calibro di Bono e in un gruppo tanto noto e impegnato, eppure le canzoni sono lì a dimostrarlo. A cominciare dal brano "40", contenuto nel disco War, il cui testo si richiama al Salmo 40, del quale riporta alcuni versetti, con l'aggiunta della frase - How long to sing this song? "Per quanto a lungo dovremo cantare questo canto?" - ancora oggi ripetuto dalle migliaia di persone, giovani e non, che affollano i concerti della band in tutto il mondo. Ma se "40" è un caso particolare con le sue citazioni, le tracce del sacro nei versi degli U2 sono molteplici e a vari livelli. Un disco in particolare, October, il secondo della loro carriera, è significativo in questo percorso:  "Una serie di riflessioni religiose elaborate da un ragazzo di vent'anni educato da un padre cattolico e da una madre protestante", annota Morandi. Tutte le canzoni dell'album sono, infatti, impregnate di richiami biblici. Soprattutto "Gloria", il cui testo si rifà al Salmo 30, ma riprende anche l'attacco del Salmo 51, con Bono che prima grida "Miserere" e poi canta "Oh, Signore, se avessi qualcosa / Qualsiasi cosa / Io la darei a Te". E poi Rejoice titolo di una canzone ma anche parola chiave (gioia) dell'intero disco, in cui Bono si identifica con Abacuc fino a "stendere il suo personale salmo", azzarda l'autore, in cui si passa dallo scoramento dei riferimenti biografici - la prematura morte della madre in particolare, un lutto a lungo non elaborato - all'improvvisa comparsa di qualcosa a illuminare la strada che sembrava smarrita. Dalla Genesi ai Salmi, da Abacuc all'Apocalisse - come nel brano Fire, dove le suggestioni del sesto capitolo del testo giovanneo si ritrovano nella descrizione del sole nero, delle stelle cadenti - e arrivando ai Vangeli e scoprendo che in When Love Comes to Town si narra della tunica di Gesù giocata ai dadi, o che in Until the End of the World si parla di Giuda e del suo tradimento. In Tomorrow, dopo citazioni varie si giungerebbe addirittura all'annuncio del ritorno di Gesù:  "Apriti, apriti / all'Agnello di Dio / all'amore di Colui / che ridonò la vista ai ciechi / Egli sta tornando". Per Morandi, l'opera degli U2 si propone come un percorso circolare:  dall'intimismo e dalla religiosità dei primi dischi, si passa attraverso lo smarrimento di Zooropa in cui Bono "si arrende e confessa di aver perso bussola e mappe, ragioni e religione, limiti e confini" e che contiene The First Time, brano in cui, partendo dalla parabola del figliol prodigo, riflette sulla perdita della fede. E si passa anche per Pop, un disco "pieno di discussioni con Dio", alla ricerca della strada perduta, difficile da ritrovare se, come recita If God Will Send His Angels, "Dio ha staccato la cornetta" e non resta che chiedersi cosa accadrebbe se "mandasse i suoi angeli, mandasse un segno:  sarebbe tutto a posto?". Fino ad arrivare a No Line On The Horizon, dodicesimo e ultimo album del gruppo, dove si ritrovano la luce e la speranza degli inizi, in particolare in Magnificent - che già dal titolo richiama il Magnificat - una lode a Dio, un "inno definitivo all'amore", come lo definisce il critico - e in Unknown Caller, dove lo sconosciuto che chiama è il Dio che salva. "Quella di Bono è una scrittura molto sofisticata e spesso misconosciuta", secondo Morandi, per il quale l'artista "arriva a lavorare sulla singola parola come Bob Dylan e Leonard Cohen. Ma il personaggio è tanto strabordante da aver schiacciato la dimensione autoriale. Eppure solo lui e Dylan riescono a condensare la Bibbia nei tre minuti di una canzone". I temi - supportati da una musica di notevole livello - sono impegnativi, le riflessioni profonde, parlano di attualità, di problemi quotidiani, di responsabilità di fronte agli uomini e al mondo. Non mancano richiami a scrittori cristiani celebri come Clive Staples Lewis, autore protestante molto amato da Bono, al pari della cattolica Flannery O'Connor, della quale apprezza il suo "modo di rappresentare il rapporto tra le persone comuni e Dio". Ma - aggiunge Morandi - "la cosa che rende convincente la scrittura di Bono è la sincerità con cui mette in campo una fede fatta di domande  rivolte a un Dio vicino, un amico con cui si può anche litigare". Insomma, spogliato dell'alone del successo, degli abiti di profeta del rock e di paladino di quel terzo mondo afflitto da povertà e fame, del personaggio influente e autorevole chiamato a parlare anche a consessi internazionali - si ricorda l'impegno in occasione dei concerti Live Aid in favore dell'Africa e della campagna che li accompagnò, che lo portò anche in Vaticano il 5 settembre 1999 quando ebbe un'udienza con Giovanni Paolo II - Bono resta un uomo in continua ricerca. Una ricerca partita da Dublino nel 1980 che si conclude, per ora, e non per caso forse, nel Vicino Oriente, a Beirut, teatro dell'ultima canzone:  Cedars of Lebanon. Un brano che parla di guerra, l'ennesima di quella martoriata terra. Il protagonista, un reporter, che lontano da casa, tra le miserie del conflitto, finisce per parlare con Dio:  "Tu sei così alto su di me, più alto di chiunque altro/ Dove sei tra i cedri del Libano?". (©L'Osservatore Romano 4-5 gennaio 2010)