venerdì 14 dicembre 2012

VERGINE POVERELLA…CULLA DEL FIGLIO DI DIO



Sono  passati 760 anni dal cosiddetto "miracolo di Natale", quando Chiara d'Assisi, malata e immobile nel suo giaciglio in San Damiano quella notte del 1252, assistette in un momento di visione mistica alla celebrazione della messa che avveniva nel medesimo tempo, con Francesco e i suoi frati alla Porziuncola. Rileggiamo quella straordinaria testimonianza che le Fonti e la tradizione francescana conducono fino a noi.

Dalla Leggenda di S. Chiara - CAPITOLO XIX FF. 3212 

Una consolazione veramente mirabile che il Signore le donò nella malattia
Inoltre, come lei nella sua malattia ben si ricordava del suo Cristo, così anche Cristo la visitava nelle sue infermità.
In quell'ora del Natale, quando il mondo giubila con gli angeli per il Bambino appena nato, tutte le Donne si avviano per il Mattutino al luogo della preghiera, lasciando sola la Madre gravata dalle infermità.
E, avendo cominciato a pensare a Gesù piccolino e a dolersi molto di non poter partecipare al canto delle sue lodi, sospirando gli dice: «Signore Iddio, eccomi lasciata qui sola per Te!». Ed ecco, all'improvviso, cominciò a risuonare alle sue orecchie il meraviglioso concerto che si faceva nella chiesa di San Francesco.
Udiva i frati salmeggiare nel giubilo, seguiva le armonie dei cantori, percepiva perfino il suono degli strumenti. Il luogo non era affatto così vicino da consentire umanamente la percezione di quei suoni: o quella celebrazione solenne fu resa divinamente sonora fino a raggiungerla, oppure il suo udito fu rafforzato oltre ogni umana possibilità.
Anzi, cosa che supera questo prodigio di udito, ella fu degna di vedere perfino il presepio del Signore.
Quando, al mattino, le figlie andarono da lei, la beata Chiara disse: «Benedetto il Signore Gesù Cristo, che non mi ha lasciata sola, quando voi mi avete abbandonata! Ho proprio udito, per grazia di Cristo, tutte quelle cerimonie che sono state celebrate questa notte nella chiesa di Santo Francesco».

Attenzione ! S. Chiara udì la liturgia che i frati celebravano nella vicina chiesa ma vide ( così alcuni intendono interpretare le parole della Legenda ) non un presepe fittizio bensì proprio quello di Betlemme ( “ella fu degna di vedere perfino il presepio del Signore “ )


19 Mira, in alto, la povertà di Colui che fu deposto nel presepe avvolto in poveri pannicelli. 20 O mirabile umiltà e povertà che dà stupore! 21 Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra, è adagiato in una mangiatoia!  ( LETTERE A SANTA AGNESE DI PRAGA - LETTERA QUARTA )

Vergine poverella, culla del Figlio di Dio….

Per Chiara la povertà - così amata e così citata nei suoi scritti - è la ricchezza dell'anima che, spogliata dei propri beni, si apre allo «Spirito del Signore e alla sua santa operazione» (cfr. Reg. S. Ch. X,10: FF 2811), come conca vuota in cui Dio può riversare l'abbondanza dei suoi doni. Il parallelo Maria-Chiara compare nel primo scritto di San Francesco, nella «Forma vivendi» data a Chiara «Per divina ispirazione vi siete fatte figlie e serve dell' altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo» (Forma vivendi, in Reg. S. Ch. VI,3: F 2788).
Chiara e le sue sorelle sono dette «spose dello Spirito Santo»: termine inusitato nella storia della Chiesa, dove la suora, la monaca è sempre qualificata come «sposa di Cristo». Ma riecheggiano qui alcuni termini del racconto lucano dell'Annunciazione (cfr. Lc 1, 26-38), che diventano parole-chiave per esprimere l'esperienza di Chiara: l'«Altissimo», lo «Spirito Santo», il «Figlio di Dio», la «serva del Signore» e, infine, quella «adombrazione» che è per Chiara la velazione, allorché i suoi capelli, recisi, cadono ai piedi dell'altare della Vergine Maria nella Porziuncola, «quasi davanti al talamo nuziale» (cfr. Legg. S. Ch. 8: FF 3170-3172).


3. L'«operazione dello Spirito del Signore», che ci è donato nel Battesimo, è quella di creare nel cristiano il volto del Figlio di Dio. Nella solitudine e nel silenzio, che Chiara sceglie come forma di vita per sé e per le sue consorelle tra le poverissime pareti del suo monastero, a mezza costa tra Assisi e la Porziuncola, si dissipa la cortina di fumo delle parole e delle cose terrene, e la comunione con Dio diviene realtà: amore che nasce e che si dona.
Chiara, chinata in contemplazione sul Bambino di Betlemme, così esorta: «Poiché questa visione di lui è splendore dell'eterna gloria, chiarore della luce perenne e specchio senza macchia, ogni giorno porta l'anima tua in questo specchio... Mira la povertà di Colui che fu deposto nel presepe e avvolto in poveri pannicelli. O mirabile umiltà e povertà che dà stupore! Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra, è adagiato in una mangiatoia!» (Lett. IV,14. 19-21: FF 2902-2904).
Ella neppure s'accorge che anche il suo grembo di vergine consacrata e di «vergine poverella» attaccata a «Cristo povero» (cfr. Lett. II,18: FF 2878) diviene, per via di contemplazione e di trasformazione, una culla del Figlio di Dio (Proc. IX, 4: FF 3062). È la voce di questo Bambino che dall'Eucaristia, in un momento di grande pericolo - quando il monastero sta per cadere in mano a truppe saracene al soldo dell'imperatore Federico II -, la rassicura: «Io vi custodirò sempre!» (Legg. S. Ch. 22: FF 3202).
Nella notte di Natale del 1252, Gesù Bambino trasporta Chiara lontano dal suo lettuccio di inferma e l'amore, che non ha luogo né tempo, la avvolge in una esperienza mistica che la immerge nell'abisso infinito di Dio.

( IOANNES PAULUS PP. II - 11 agosto, memoria liturgica di Santa Chiara d'Assisi, dell'anno 1993, quindicesimo di Pontificato )


Dio misericordioso, che hai ispirato alla santa Madre Chiara un ardente amore per la povertà evangelica, per sua intercessione concedi anche a noi di seguire Cristo povero e umile, per godere della tua visione nella perfetta letizia del tuo regno. Amen


                                                                                              Antonio Fasolo Ofs




DULCIS AMOR





Que te caret hoc tempore,
fit vilior. o dulcis Amor.

Ecce florescunt lilia,
et virginum dant agmina
summo deorum carmina.
dulcis Amor.

Veris dulcis in tempore
florenti stat sub arbore
luliana cum sorore
dulcis Amor.

Si tenerem, quam cupio,
in nemore sub folio,
oscularer cum gaudio.
dulcis Amor.

sabato 1 dicembre 2012

ASPETTA E NON SI STANCA

Se qualcosa può somigliare all'eterno, 
se  da qualche parte può esistere la felicità,
 se tu ed io non ci siamo incontrati per caso,
 allora come vittime d'un sortilegio arcano 
non svegliarci viandante distratto

solo la misericordia d'un dio, 
quieto e potente
può spezzare questo limbo feroce
dove niente vive che non esista ancora.
Da millenni sospeso nei nostri cuori
aspetta e non si stanca, 
questo  amore pietrificato...


 

sabato 17 novembre 2012

LE ORIGINI DELL'OFS



ORIGINI DEL FRANCESCANESIMO

Francesco d'Assisi e i suoi primi compagni, dopo un lungo periodo di ricerca spirituale, scelgono di vivere “ secondo la forma del santo  Evangelo ” e si presentano  alla gente  come  “i penitenti di Assisi”,   predicando  a tutti  la  penitenza  e  la pace ”.
 L'apostolato di Francesco suscita un vasto risveglio religioso nel popolo cristiano. Si matura intorno a questo movimento un'esplosione di entusiasmo. La gente corre ad ascoltare il santo: “ sono uomini e donne, persone di ogni età e sesso”.
I giovani che seguono il santo diventano frati; le ragazze si associano alle scelte di Chiara d'Assisi, a suo tempo conquistata dal carisma di Francesco; gli uomini e le donne, senza diventare frati o monache, rimangono con le loro famiglie e chiedono a Francesco indicazioni operative per vivere secondo la forma del santo Evangelo. “ Francesco a tutti dava una regola di vita e indicava la via della salvezza a ciascuno secondo la propria condizione sociale”.
Così nasce il nuovo movimento spirituale strettamente legato alla figura carismatica di Francesco d'Assisi con una identità propria che non si può confondere con i vari gruppi e movimenti ecclesiali del suo tempo. A questo movimento spirituale Francesco dà il nome di Ordine dei fratelli e delle sorelle della penitenza.

ORIGINI DELL’OFS

L'Ordine Francescano Secolare non si è sempre chiamato così: prima del 1978 era chiamato Terzo Ordine Francescano (TOF) ad indicare che il Primo Ordine era quello dei Frati ed il Secondo quello delle Clarisse, il Terzo quello dei secolari.
La domanda che spesso si pongono i Terziari secolari è dove tale movimento fisicamente abbia avuto inizio. Ai tempi di Francesco esistevano già gruppi di penitenti che anche senza regole precise si ponevano alla sequela di Cristo; il Poverello di Assisi seppe arginare e indirizzare questi come altri e più numerosi gruppi di laici.

E' esplicito infatti nella Leggenda dei tre compagni : " Anche gli uomini ammogliati e le donne maritate, non potendo svincolarsi dai legami matrimoniali, dietro suggerimento dei frati, praticavano una più stretta penitenza nelle loro case". In tal modo per mezzo di Francesco, perfetto adoratore della Trinità, la Chiesa di Dio fu rinnovata da questi tre ordini" (FF 1472).

Secondo la tradizione la nascita del Terz'Ordine è legata ad uno degli avvenimenti più celebrati dell'arte francescana: la predica agli uccelli. Fu infatti dopo un invito alle rondini di tacere a Cannara, vicino ad Assisi, che la popolazione infiammata dall'ardore del santo cercò di seguirlo, ma lui espressamente disse : " Non abbiate fretta e non vi partite, ed io ordinerò quello che voi dobbiate fare per la salute dell'anime vostre". E allora pensò di fare il terzo Ordine per universale salute di tutti"( FF 1846 ). Dunque anche se il Celano come il Bonaventura parlano del Terzo Ordine è solo nei Fioretti che ne viene indicata l’ubicazione: " E così lasciandoli molto consolati e ben disposti a penitenza si partì quindi e venne tra Cannaio e Bevagno " ( FF 1846 ). A Cannara esiste infatti una lapide nel frontone della chiesa di S. Francesco che ricorda l'avvenimento. La scritta è in latino medievale ed è un riferimento sicuro che dà ulteriore certezza all'avvenimento raccolto dai fioretti.


Dicono le Fonti Francescane: "E santo Francesco si puose a predicare, e comandò prima alle rondini che tenessino silenzio infino a tanto che egli avesse predicato. E le rondini l'ubbidirono ed ivi predicò in tanto fervore, che tutti gli uomini e le donne di quel castello per divozione gli volsono andare dietro e abbandonare il castello; ma santo Francesco non lasciò, dicendo loro: " Non abbiate fretta e non vi partite, ed io ordinerò quello che voi dobbiate fare per la salute dell'anime vostre". E


allora pensò di fare il terzo Ordine per universale salute di tutti. E così lasciandoli molto consolati e bene disposti a penitenza si partì quindi e venne tra Cannaio e Bevagno" (FF.1846). Scrive S. Bonaventura, al quale Benedetto XVI ha dedicato ben tre Udienze Generali del mercoledì nel 2010, nella sua Legenda Maggiore: " Moltissimi infiammati dalla sua predicazione, si vincolavano alla nuove leggi della penitenza, secondo la forma indicata dall'uomo di Dio. Il servo di Cristo stabilì che la forma di vita si denominasse Ordine dei fratelli della Penitenza". Questo nuovo Ordine ammetteva tutti, chierici e laici, vergini e coniugi dell'uno e dell'altro sesso  perché la via della penitenza è comune per tutti quelli che vogliono tendere al cielo" ( FF. 1073) .


Tuttavia la nascita ufficiale del Terz'Ordine, istituito direttamente da San Francesco, avviene nel 1221.
Il "Memoriale propositi fratrum et sororum de poenitentia in domibus propriis existentium", cioè il documento che contiene il proposito, la professione, la consacrazione dei Fratelli e delle Sorelle della Penitenza che vivono la loro esistenza nelle proprie case, è la prima Regola dei Fratelli e Sorelle della Penitenza, detta Regola Antica di Gregorio IX del 1221.
Nel 1289 Papa Nicolò IV, primo papa francescano, pubblica la Regola definitiva del Terz'Ordine Francescano, la Regola bollata (in latino detta "Supra montem"), per dare una più concreta configurazione anche giuridica all'Ordine.
Questa Regola rimane in vita fino al 1883 quando Papa Leone XIII, terziario francescano, emana la "Misericors Dei Filius" (Regola leonina): " i tempi sono cambiati - diceva il Papa Leone - e occorre un adeguamento della forma di vita dei francescani secolari. Un Terz'Ordine ringiovanito, come ai tempi di S. Francesco così oggi, deve rigenerare spiritualmente l'umanità".
Dopo il Concilio Vaticano II ed in seguito ai grandi mutamenti emersi ci si rese conto che anche la Regola dell'Ordine Francescano Secolare doveva essere aggiornata, così nel 1978 Papa Paolo VI donò all'Ordine la Regola attuale (Regola Paolina) e un nome nuovo: Ordine Francescano Secolare: OFS.
I Ministri Generali del primo Ordine, presentando la Regola, scrivono: “La Regola che oggi vi presentiamo, la Chiesa ve la consegna come norma di vita… accogliendo il messaggio francescano che essa porta, è la guida che vi offre per vivere secondo il santo Vangelo”.
Alla promulgazione della regola seguì un lungo periodo di intenso lavoro e di studio per la redazione delle “Costituzioni Generali dell'Ordine Francescano Secolare” per dare applicazione alla Regola rinnovata del 1978.
Le Costituzioni furono approvate il giorno 8 Dicembre del 2000 e promulgate il 06.02.2001. 


S.Elisabetta d'Ungheria - Una donna per i nostri tempi


Una donna per il nostro tempo: Sta. Elisabetta d’Ungheria, 1207-2007, scritto e diretto da Lori Pieper, OFS, è un nuovo documentario sulla vita della santa Patrona del nostro Ordine. 


Il documentario, girato in Roma, Assisi, Esztergom e Budapest, intercala la storia della vita di Elisabetta con commenti di storici su di lei e sulla sua epoca. Il documentario riferisce anche gli eventi dell’ottavo centenario della sua nascita tra il 2006 e il 2008, includendo conferenze, celebrazioni liturgiche e interviste con membri del Terzo Ordine Secolare e Regolare, che parlano di come hanno incominciarono a conoscere Sta. Elisabetta, cosa la Santa significa per loro e come la celebrazione del suo centenario si è tradotta in una giornata di riscoperta di lei.
La vita di Elisabetta come una secolare, come sposa e madre, è una vita con la quale noi possiamo facilmente identificarci.  La gente giovane troverà più facilmente una ispirazione nella sensibilità sociale di questa giovane donna, e come ella amò  Dio nell’azione.  Ella è veramente una donna per il nostro tempo.
Il documentario, che dura approssimativamente 75 minuti, sarà distribuito da “Tau Cross Books and Media”.  La pagina web (www.taucrossbooks.com), all’approssimarsi della data della sua pubblicazione,  informerà sul modo di ottenere questo documentario.
Maggiori informazioni si possono trovare anche su
www.stelizabethdocumentary.com

venerdì 26 ottobre 2012

mercoledì 24 ottobre 2012

VEDERE E CREDERE - San Francesco uomo di fede.




Dici Francescani? Intendi uomini di pace. Oggi nella maggior parte dei casi, noi francescani siamo identificati quali uomini che combattono in prima fila nell’ambito della promozione della pace, della giustizia e della salvaguardia del creato. Questo aspetto del nostro carisma corrisponde certo in maniera significativa alle attese del nostro tempo. Esso merita dunque, ed a ragione,  il nostro impegno convinto e fedele.
E’ pur vero che quello francescano è un carisma di ampio respiro e dalle molteplici sfaccettature. Esso è  più ampio e forte e complesso di quanto il mondo creda, e merita di essere considerato perciò in una prospettiva completa, la sola a mio avviso che può escludere malintesi o etichettature generiche.
Giovanni Paolo II diceva in  un suo discorso che, soltanto restando fedeli al loro carisma fondamentale, i francescani possono rendere un servizio valido alla Chiesa e al mondo,. In caso contrario rischiano di essere trascinati dall’efficientismo tipico di molte realtà umane e cadono nell’insignificanza della manovalanza generica.
Cosa può servirci dunque in maniera così essenziale da essere messo al primo posto nei nostri programmi? Solo un’ autentica testimonianza di fede, di radicalismo cristiano, può consentirci di uscire fuori dall’ambito mediocre e soffocante dell’umanesimo orizzontale, dove la fiducia nella redenzione di Cristo è sostituita da un vago “ volemose bene “, svuotato dal di dentro, dei valori trascendenti, quindi incapace di entusiasmare, anzi meritevole di disprezzo, come il sale evangelico che perdendo sapore viene gettato via e calpestato dagli uomini.
Francesco fu uomo di fede, e di fede severamente ortodossa :” Dame fede recta “ chiedeva infatti all’inizio della sua conversione davanti al crocefisso di San Damiano.
Ripensando alla sua vita dobbiamo chiederci : che ruolo giocò in lui la fede? E diamoci pure questa risposta : fu decisiva. Fu una dimensione che condizionò tutto nella sua esistenza: cuore, mente, affetti.

[142]
Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù secondo l'umanità, ma non videro né credettero, secondo lo spirito e la divinità, che egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati. E così ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l'altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che è veramente il santissimo corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, ...

Qui occorre ritornare al testo della Ammonizione I, in cui Francesco traccia una analogia tra gli occhi dei discepoli che vedono il corpo di Gesù nella carne e vi riconoscono nella fede il Figlio di Dio e lo sguardo che occorre portare all’Eucaristia: si vede il pane ma nella fede riconosciamo che si tratta del corpo di Cristo. Successivamente il Santo di Assisi paragona l’esperienza di fede degli apostoli alla nostra fede nell’eucaristia:

E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra
a noi nel pane consacrato; e come essi con gli occhi del loro corpo vedevano
soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano
che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi
del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo
corpo e sangue vivo e vero.

C’è, infatti, un vedere che non crede ed un vedere credente. La vera fede implica un certo modo di “vedere”, tanto da poter parlare di “occhi spirituali”. Il vedere secondo la carne non tanto si ferma, per così dire, all’apparenza ma equivoca su di essa; come se la realtà consistesse solo in ciò che si dà immediatamente ai sensi. Il vedere con gli occhi dello spirito porta a “vedere e credere”, ossia a guardare la realtà cogliendo in essa la presenza del mistero divino. Si può dire in definitiva che si vede veramente solo se si crede. Pertanto si deve dire che per Francesco la vita della fede è profondamente in rapporto con il sacramento.

Non solo Francesco è un uomo di fede ortodossa ma la sua fede è dunque fortemente eucaristica. Egli crede fermamente nella presenza reale di Cristo nell’Ostia consacrata. Nel Testamento ricorda inoltre che il Signore gli dette tanta fede nelle chiese e nei sacerdoti. Non si tratta di fede verso una Chiesa o verso dei sacerdoti ideali, come potremmo facilmente essere indotti a credere, ma nei confronti di chiese concrete ( usa il plurale ) spesso diroccate come S. Damiano e la Porziuncola, che egli deve restaurare a mani nude, o verso sacerdoti a volte indegni e peccatori, ma pur sempre verso realtà in cui è presente e si può incontrare Gesù Cristo: è infatti nella Chiesa che Dio parla e si rivolge a Francesco.

[111]
E il Signore mi dette tale fede nelle chiese che io così semplicemente pregavo e dicevo:

                               Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo,
                               qui e in tutte le tue chiese
                               che sono nel mondo intero,
                               e ti benediciamo,
                               perché con la tua santa croce hai redento il mondo.
 
[112]
Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà.
La Chiesa è il luogo in cui si incontra Cristo, parola di Dio fatta carne e le sue sono parole che ci fanno capire con quale intensità il mistero eucaristico costituisca per Francesco il cuore della vita di fede.
[113]
E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient'altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri.
Si può dire in definitiva che si vede veramente solo se si crede. Davanti al segno eucaristico il vedere della fede implica il vedere che questo sia realmente il corpo e il sangue di Cristo, come i discepoli attraverso gli occhi spirituali credevano che quell’uomo che avevano davanti era veramente il figlio di Dio.
A questo proposito è pure significativa la citazione di Mt. 28,20 a conclusione del testo in riferimento all’eucarestia. “ Io sono con voi fino alla fine del mondo “.  Francesco è il primo che interpreta questo testo in chiave eucaristica.
[51]
Tutti i frati siano cattolici, vivano e parlino cattolicamente. Se qualcuno poi a parole o a fatti si allontanerà dalla fede e dalla vita cattolica e non se ne sarà emendato, sia espulso totalmente dalla nostra fraternità.
Non è affatto vero che Francesco consideri la Chiesa “ misera e necessaria “ , la cui forma romana sarebbe una minaccia per la forma evangelica, come qualcuno ha scritto o pensato. Si tratta evidentemente d’una interpretazione ideologica.
La conversione di Francesco è essenzialmente una riscoperta esistenziale e radicale della fede cristiana ( vivere il Vangelo ) .
Infine, mi sembra necessario ricordare come per Francesco la fede sia essenzialmente un dono che va accolto con gratitudine e coltivato, innanzitutto mediante la preghiera. È un dono non acquisito una volta per sempre. Per questo nella Regula non Bullata troviamo un’interessante esortazione a questo proposito: «umilmente preghiamo e supplichiamo perché perseveriamo nella vera fede». Anche qui troviamo un invito a non trascurare la vita di fede, chiedendo a Dio di mantenerci sulla giusta traiettoria del credere. Si tratta, infatti, di perseverare non in un credere generico ma nella vera fede, affinché il nostro credere sia realmente atto teologale e non si riduca mai a mera “credulità”.
E’ la fede l’orizzonte sotto il quale ha potuto sorgere l’esperienza cristiana di Francesco d’Assisi fino a condensarsi nella regola, nelle sue diverse riscritture, per diventare così nostra eredità.
Dunque sempre la fede deve essere l’orizzonte del nostro vivere “ secondo la forma del santo vangelo “.
Antonio Fasolo Ofs

O alto e lorioso Dio,
illumina el core mio.
Dame fede dricta,
speranza certa
carità perfecta,
humiltà profonda,
senno e cognoscemento,
che io servi li toi comandamenti. Amen
[276]

Per approfondire :
 Paolo Martinelli : SAN FRANCESCO E LA FEDE.
ATTUALITÀ DI UNA ESPERIENZA CRISTIANA.