Tutta la tradizione agiografica
identifica san Francesco con l’espressione «il Poverello».
Sia dai suoi scritti che dalle biografie emerge un inequivocabile riferimento
alla povertà evangelica, affermata e vissuta nel modo più radicale.
DALLA REGOLA NON
BOLLATA
[29] Tutti i frati si
impegnino a seguire l'umiltà e la povertà del Signore nostro Gesù Cristo, e si
ricordino che nient'altro ci è consentito di avere, di tutto il mondo, come
dice l'apostolo, se non il cibo e le vesti, e di questi ci dobbiamo
accontentare.
ULTIMA VOLONTA' SCRITTA A S.
CHIARA
[140] Io, frate
Francesco piccolo, voglio seguire la vita e la povertà dell'altissimo Signore
nostro Gesù Cristo e della sua santissima madre e perseverare in essa sino alla
fine. E prego voi, mie signore, e vi consiglio che viviate sempre in questa
santissima vita e povertà. E guardatevi attentamente dall'allontanarvi mai da
essa in nessuna maniera per insegnamento o consiglio di alcuno.
Comprendere il senso di questo tratto della sua
esperienza cristiana non è cosa immediata. Non è un caso che il tema
della povertà è divenuto ben presto nell’Ordine che da lui è nato motivo di
contese ed anche di divisione. D’altra parte non è difficile notare
che della povertà vissuta da san Francesco si può parlare in modi molto
diversi, comprendendola in termini ascetici,
oppure sociali e persino rivoluzionari. Come si deve comprendere la scelta
dell’Assisiate?
Per poterci avvicinare all’esperienza singolare del Poverello si deve guardare al suo percorso esistenziale. Egli di nascita non appartiene ad un ceto povero, ma benestante. È figlio di un commerciante che aveva fatto fortuna permettendo un tenore di vita assai agiata alla propria famiglia. Il suo percorso di conversione, lungo e sofferto, lo porta alla scelta di abbracciare una vita realmente povera. Nulla spiega una tale scelta, che arriva fino alla restituzione pubblica al padre di ogni cosa ricevuta, se non ci si accorge di chi è Gesù Cristo per Francesco.
Il santo di Assisi compie una svolta a 360 gradi e “da appartenente alla classe agiata, che contava nella città per nobiltà o ricchezza, egli ha scelto di collocarsi all’estremità opposta, condividendo la vita degli ultimi”.
Seguendo l’esortazione di Gesù, ignorata dal Giovane Ricco (cfr. Mt 19,16-22), Francesco è mosso dalla carità verso gli esseri umani, non dalla “ricerca della propria perfezione”. Paradossalmente il giovane ricco si sente povero e sperimenta un limite esistenziale da cui vorrebbe venir fuori, perché più che di beni è ricco di se stesso, di orgoglio, di presunzione di salvarsi da solo.
Francesco
invece non ha scelto tra ricchezza e povertà ma “tra
se stesso e Dio”, tra “salvare la propria vita o perderla per il Vangelo”.
Francesco attraverso alcune esperienze
fondamentali ( vedi alcuni episodi del suo iniziale cammino di conversione....)
scopre che la povertà non consisteva nell'aiutare i poveri, consisteva nell'essere
povero. Aiutare i poveri era cosa fondamentale essendo parte ed espressione
della carità ma essere povero era un'altra cosa. Gesù era stato povero.
Francesco voleva essere povero. Essere povero significava non avere nulla o
quasi nulla, significava non possedere ricchezze, non possedere cose, non
possedere denaro, non possedere sicurezze, proprio come i poveri, proprio come
Gesù.
Cerchiamo
di capire meglio in cosa consista la povertà di Francesco e quella di Gesù.
Fil.2,5-11
Abbiate in voi gli stessi sentimenti che
furono in Cristo Gesù, 6
il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua
uguaglianza con Dio; 7 ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e
divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8
umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 9
Per questo Dio l`ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni
altro nome; 10
perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto
terra; 11 e ogni lingua proclami che Gesù
Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.
Kenosi di
Cristo ed “Espropriazione” di Francesco.
Nella Regola
cosiddetta Non Bollata, un testo al contempo
legislativo e fortemente carismatico, Francesco descrive la sua
forma di vita in questi termini: «Tutti i frati si impegnino a seguire l’umiltà e
la povertà del Signore nostro Gesù Cristo». Questa espressione la
troviamo ripetuta in modi diversi negli scritti e nelle agiografie ed indica il vero motivo della sua scelta.
La povertà è il modo con cui il figlio di Dio è
entrato nel mondo ed ha portato a compimento la nostra salvezza. Pertanto
la povertà, abbracciata liberamente, è espressione dell’amore per l’umanità di
Cristo.
È evidente che il santo d’Assisi non
desidera la miseria, desidera seguire le orme di colui che ama in ogni cosa e
sopra ogni cosa. Attraverso una vita povera
egli intende imitare Dio stesso, il suo entrare nella storia.
Inoltre,
Francesco fa l’esperienza che seguire Cristo sulla via della povertà evangelica
fa diventare «Signori», rende il cuore libero, apre
gli orizzonti, permette di entrare in rapporto con la vita in modo nuovo, oltre
ogni misura ed ogni calcolo. Egli mostra come l’attaccamento ai
beni, il porre la speranza in quello che si possiede rende il cuore dell’uomo
schiavo e triste, chiudendolo in una cupidigia che lo consuma. La povertà evangelica, invece, rende il cuore
capace di letizia e gratitudine. ( vedi “ Perfetta Letizia )
Da ultimo, questa scelta di povertà evangelica
mette effettivamente san Francesco in una posizione di vicinanza e di
compassione nei confronti di coloro che soffrono l’indigenza, a cominciare dai
più colpiti dalla emarginazione nel suo tempo: i lebbrosi. La sua vicinanza a
loro tuttavia non è mai strategica o ideologica ma espressione della
sua radicale affezione a Cristo, il quale per amore nostro e liberamente ha
preso su di sé la condizione ferita di ogni uomo.
“Come gli
altri poveri” è il modello sociale e concreto che Francesco propone ai suoi
frati per quanto riguarda il cibo, il vestito, l’abitazione; “come il Signore Gesù Cristo” è il
modello spirituale per quanto riguarda il modo, i sentimenti con cui vivere. La
povertà francescana dovrà avere in ogni tempo e in ogni contesto geografico
questi due punti di riferimento: la
concretezza della povertà dei poveri e i sentimenti che furono in Cristo Gesù.
Scegliere poi la povertà ( intesa come
sobrietà e solidarietà) è il modo
migliore per combattere la povertà iniqua, che opprime tanti
uomini e donne e minaccia la pace di tutti.
Quindi la povertà scelta da Francesco è
qualcosa di più profondo e articolato che la semplice rinuncia ai beni o una
contestataria scelta di pauperismo. In verità
alla discutibile concezione pauperistica di San Francesco ha
contribuito sia l’anonimo autore del XII sec. del Sacrum Commercium Beati
Francisci cum do] mina Paupertate. – cioè le “Mistiche nozze del S.
Francesco con Madonna Povertà”. Dove La Povertà è più
signora (domina) che sposa, sia Dante
Alighieri, nel canto XI del Paradiso
che usa le medesime espressioni :
a’ frati suoi, sì com’ a giuste
rede,raccomandò la donna sua più cara, e comandò che l’amassero a fede; ( Dante, Paradiso canto XI ) Occorre diffidare di queste concezioni semplicistiche perché è impossibile innamorarsi di una virtù, mentre è normale innamorarsi di una persona, come fa Francesco con Cristo. “Francesco non sposò la povertà e neppure i poveri; sposò Cristo e fu per amor suo che sposò, per così dire 'in seconde nozze' Madonna povertà. E così sarà sempre nella santità cristiana. Se alla base dell’amore per la povertà e per i poveri, non c’è l’amore per Cristo, “i poveri saranno in un modo o nell’altro strumentalizzati e la povertà diventerà facilmente un fatto polemico contro la Chiesa, o una ostentazione di maggiore perfezione rispetto ad altri nella Chiesa, come avvenne, purtroppo, anche per alcuni dei seguaci del Poverello”.
Ma i laici francescani possono vivere nel mondo la stessa
povertà di Francesco?
Come disse
una volta il futuro Paolo VI “è possibile maneggiare i beni di questo mondo
senza restare prigionieri e vittime?”, parlando appunto di san Francesco. Che
voleva domandarsi il futuro papa con queste parole?
Questo Francesco
ha qualcosa da dirci in questa realtà concreta in cui noi laici dobbiamo fare
i conti con i beni di questo mondo, col denaro, persino anche con la
finanza?In che modo è possibile coniugare Madonna Povertà e Madonna Economia?
Per comprendere questo è importante la riflessione che fecero i frati
dopo Francesco, soprattutto Pietro di Giovanni Olivi, sul fatto che il
problema non è il denaro ma l’uso del denaro per cui Olivi arriva a dire “anche
un mercante può essere santo se usa il denaro per il bene comune”. I
frati devono avere un uso povero del denaro, oggi diremmo un uso sobrio. I
manager, persone che lavorano nella finanza, nel mondo dell’economia, devono
fare un uso del denaro per il bene comune.
La concezione della povertà di Francesco porta
come sbocco naturale, alla perfetta
letizia. Così espressa in
un celebre fioretto: «Avvenne un tempo che san Francesco d’Assisi e frate
Leone andando da Perugia a Santa Maria degli Angeli, il santo frate spiegasse
al suo compagno di viaggio cosa fosse la perfetta letizia. Era una giornata
d’inverno e faceva molto freddo e c’era pure un forte vento e… mentre frate
Leone stava avanti, frate Francesco chiamandolo diceva: “frate Leone, se
avvenisse, a Dio piacendo, che i frati minori dovunque si rechino dessero grande
esempio di santità e di laboriosità, annota e scrivi che questa
non è perfetta letizia“. Andando più avanti san Francesco
chiamandolo per la seconda volta gli diceva: “O frate Leone, anche se un
frate minore dia la vista ai ciechi, faccia raddrizzare gli storpi, scacci i
demoni, dia l’udito ai sordi… scrivi che non è in queste cose
che sta la perfetta letizia…”. E così andando per diversi
chilometri quando, con grande ammirazione frate Leone domandò: “padre ti
prego per l’amor di Dio, dimmi dov’è la perfetta letizia”. E san Francesco
rispose: “quando saremo arrivati a Santa Maria degli Angeli e saremo bagnati
per la pioggia, infreddoliti per la neve, sporchi per il fango e affamati per
il lungo viaggio busseremo alla porta del convento. E il frate portinaio
chiederà: chi siete voi? E noi risponderemo: siamo due dei vostri frati. E
lui non riconoscendoci, dirà che siamo due impostori, gente che ruba
l’elemosina ai poveri, non ci aprirà lasciandoci fuori al freddo della neve,
alla pioggia e alla fame mentre si fa notte. Allora se noi a tanta
ingiustizia e crudeltà sopporteremo con pazienza ed umiltà
senza parlar male del nostro confratello, anzi penseremo che egli ci conosca…
allora frate Leone scrivi che questa è perfetta letizia…”.
Cosa dice Francesco? Che chi è povero
di sé, è povero di orgoglio, cioè non lega la
propria “autostima”, come si dice oggi, ai fatti, alle circostanze, al
successo, alla fama, al riconoscimento degli altri, quindi è veramente
lieto. Nessuno infatti può portargli via nulla, perché ciò che gli sta a
cuore non sono gli sguardi degli uomini, ma il sentirsi guardato, giudicato,
amato da Dio.
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Si tratta di una povertà scelta e quindi andrà vissuta nella gioia,
o nella “letizia” per usare un termine tipicamente francescano. Nella Regola
Francesco scriverà che i frati «devono essere lieti quando vivono tra persone
di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, infermi e lebbrosi e tra i
mendicanti lungo la strada» (Rnb, IX,2: FF 30). Qui appare
evidente lo stretto e necessario collegamento tra povertà, minorità, fraternità
e letizia; tra il vivere per i poveri, con i poveri e da poveri.
Ma è
soprattutto in tempi di crisi economica come i nostri che la povertà
francescana può avere qualcosa da suggerire/regalare a tutti: una verifica per
stabilire che cosa è davvero necessario e che cosa è superfluo; il recupero di
uno stile di vita più semplice, sobrio ed austero rispetto a quello proposto
dalla pubblicità consumistica; un cambiamento di prospettiva che privilegi la
qualità delle relazioni interpersonali rispetto alla quantità delle cose
possedute. La crisi economica, da grande disgrazia, potrebbe così diventare per
tutti provvidenziale occasione di arricchimento in umanità. È il suggerimento
di quel Poverello che, oltre ad essere ammirato da tutti, potrebbe forse venire
anche imitato da qualcuno.
a cura di Antonio Fasolo Ofs
Francesco
d’Assisi: la povertà è «Signora»
di
fra Paolo Martinelli*
http://tracce.it
Sposati
con madonna Povertà
Scegliere
la povertà per mettersi in relazione fruttuosa col mondo
di Dino
Dozzi
( MC
novembre-dicembre 2015 )
San
Francesco non scelse "tra ricchezza e povertà" ma "tra se stesso
e Dio"Città del Vaticano, 06 Dicembre 2013 (ZENIT.org) Luca Marcolivio