Nell’accezione più comune, praticamente
in tutte le lingue moderne, quando si usa il vocabolo “penitenza”, si pensa
immediatamente ad un’opera esterna di mortificazione. Vengono in mente dolori
corporali inflitti spontaneamente tramite ad esempio, veglie, digiuni o
strumenti di autentica tortura come il cilicio o la disciplina (5.
Fu soprattutto nell’Alto Medioevo, forse per influenza della filosofia
platonica, col suo disprezzo nei confronti del corpo, che tale significato
divenne prevalente, come altrettanto comune divenne l’uso di certi strumenti,
quali la suddetta disciplina (6) adoperata per castigare la carne
con la flagellazione. Si pensava allora che l’unico modo per entrare in
rapporto con Dio fosse quello di allontanarsi dal mondo, chiudendosi fra le
mura di un monastero, lontani dalle tentazioni della vita normale.
Il senso originale, biblico prima, e poi francescano, della parola
penitenza è invece, come vedremo, completamente diverso.
Nell’Antico Testamento la “penitenza” è
essenzialmente un atteggiamento interiore. Il termine usato nella traduzione
greca dei Settanta, come anche poi nel Nuovo Testamento, è “ metànoia “, parola
che in greco, anche al di fuori del contesto religioso, indica un mutamento
radicale di persuasione, di attitudine, di pensiero o di progetti ;
secondariamente indica anche il dispiacere per il modo di agire precedente. .
Afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica (7) : “La penitenza
interiore è un radicale riorientamento di tutta la vita, un ritorno, una
conversione a Dio con tutto il cuore, una rottura col peccato, un’avversione per
il male, insieme con la riprovazione nei confronti delle cattive azioni che
abbiamo commesso.” Convertirsi significa “ritornare a Dio” (8) , sinceramente
con azioni che comportano un cambiamento di costumi e la decisione di osservare
in avvenire la volontà di Dio. “Cercare Dio” significa “cercare il bene e non
il male” (9), ritornare all’amicizia con Lui (10) attraverso un mutamento
personale e interiore fortissimo (11) che si esprime anche esteriormente
attraverso i segni tradizionali del lutto israelitico (strapparsi le vesti,
indossare il sacco e il cilicio, digiunare ecc.).
Ultimo fra i profeti, alle soglie del Nuovo Testamento, Giovanni
Battista scuote energicamente il popolo col suo invito alla penitenza (13.
Gesù stesso inizierà la propria missione pubblica con quello che si può
considerare l’annuncio essenziale del Regno: “Il tempo è compiuto e il Regno di
Dio è ormai vicino ; convertitevi e credete al Vangelo” (14. “Se non vi convertite perirete tutti allo
stesso modo (15) “. Successivamente, nella predicazione della
Chiesa primitiva, quest’invito si rivolge dapprima a quanti non conoscono
ancora Cristo ed il suo Vangelo. Il Battesimo è quindi il luogo principale
della prima fondamentale conversione. E’, infatti, mediante il Battesimo che si
rinuncia al male e si acquista la salvezza, cioè la remissione di tutti i
peccati e il dono della vita nuova (16.
Tuttavia, già durante i primi secoli di vita della Chiesa, si cominciò a
porre il problema della riconciliazione per quei fedeli che dopo aver ricevuto
il Battesimo, per umana fragilità erano incorsi in peccati particolarmente
gravi (ad esempio : omicidio, idolatria, adulterio). Il perdono era allora
legato ad una disciplina molto rigorosa, poteva essere concesso una sola volta
nella vita ed i penitenti dovevano fare pubblica ammenda per i loro peccati,
spesso per lunghi anni (17.
Paradossalmente, conclusosi il tempo
delle persecuzioni, durante il quale la testimonianza dei martiri aveva tenuto
alta e viva la fede della comunità cristiana, la pace di Costantino, nel 313
d.C. segnò una svolta importante. Da religione proibita qual era prima, il
Cristianesimo passò ad un regime di tolleranza legale, che si trasformerà
presto in piena libertà privilegiata, fino a diventare nel 391-2 l’unica religione
autorizzata. Tuttavia, mentre il periodo delle persecuzioni obbligava i
catecumeni (18) ad una fede d’alta qualità, in epoca
constantiniana, si assisté ad un calo di fervore. Si degradavano i motivi di
conversione. Dal momento in cui tendevano ad appianarsi gli ostacoli che una
volta i candidati dovevano superare, diventò più facile entrare nella Chiesa,
ma molti non avevano una motivazione valida e sufficiente, ciò che volevano
ottenere era semplicemente il titolo di “cristiano”, senza nutrire in sé un autentico
desiderio di conversione.
Intorno al IV sec. d.C. si erano
ingrossate le file del cosiddetto Ordine dei Penitenti. Esso sorgeva
all’interno della Chiesa, come si è detto, come risultato di una disciplina
ecclesiastica penitenziale volta ad ottenere il perdono dei peccati commessi
dopo il Battesimo. Coloro che entravano a farvi parte vi restavano sino a
quando fosse compiuta l’espiazione fissata dall’assemblea cristiana con a capo
il suo Vescovo. Essi esprimevano il loro stato di penitenza interiore, anche
con atti esterni quali la preghiera, l’elemosina, il digiuno. A partire dal IV
sec. era loro vietato, anche una volta ottenuto il perdono, espletare alcune
attività, come il servizio militare, il commercio o altre funzioni pubbliche.
Il vedovo non poteva risposarsi né il celibe contrarre matrimonio.
Contemporaneamente iniziava il fenomeno per
cui alcuni fedeli, pur non avendo commesso alcuna colpa grave, e non avendo
quindi obbligo di espiare, entravano nell’Ordine della Penitenza di spontanea
volontà per amore di perfezione e si assoggettavano volontariamente alla
legislazione penitenziale, disposti a rimanervi per tutta la vita, come gli
statuti ormai prescrivevano. Erano i penitenti volontari o più semplicemente “
I penitenti ”. Essi potevano essere
chiamati anche “conversi”, perché avevano deciso una “conversio” che si
realizzava in varie forme : a) Gli Oblati che si mettevano al servizio di
una chiesa, di un monastero o di un episcopio con la promessa di stabilità b)
Gli eremiti, fenomeno molto diffuso specie fra il V e l’XI sec. c) Le recluse,
cioè donne che si consacravano a Dio senza entrare nelle forme istituzionali
del monachesimo femminile d) I pellegrini verso i luoghi Santi. e) coniugi che
pur continuando a vivere nelle proprie case, facevano “ vita di penitenza ”.
Tutti costoro indossavano un abito caratteristico, dotato di bastone, bisaccia
e sandali, spesso contrassegnato da un “Tau”, si dedicavano ad opere di carità
presso ospedali, ospizi di pellegrini e lebbrosari, o alla riparazione gratuita
di chiese e cattedrali.
Il movimento penitenziale ricevette un grande impulso in crescita ed in
direttive dalla Riforma Gregoriana nella seconda metà del sec.XI, a seguito
della quale si verificò la diffusione fra il popolo cristiano più sensibile,
dell'anelito ad una vita più semplice, povera ed evangelica, simile a quella
dei primi tempi apostolici. Molte furono le forze religiose risvegliate dalla
riforma che si proponevano accanto ad un ritorno alla semplicità ed
essenzialità evangelica, una forma di predicazione itinerante che intendeva
supplire alla carenza pressoché totale di analoghe iniziative da parte della
Chiesa “ufficiale”. Purtroppo, parecchi fra questi predicatori vaganti caddero
ben presto nell’eresia, anche a causa della mancanza di guide sicure che
sapessero mantenerli nell’ortodossia. Primi fra tutti furono i Catari i quali
consideravano il corpo e la materia un vero e proprio impedimento alla vita
spirituale, giungendo a forme gravissime di disprezzo della persona umana. I Valdesi,
coagulatisi intorno a Pietro Valdo, ricco mercante fattosi povero per seguire
il Vangelo in maniera più autentica, ebbero sorte alterna. Dapprima accolti
benevolmente, entrarono presto in conflitto e quindi in rottura con la
gerarchia ecclesiastica. In Italia vi furono gli “Umiliati”, lombardi,
lavoratori della lana, praticavano la preghiera comune, una forma di
predicazione reciproca, condividevano i loro beni vivendo tutti insieme,
coniugati e no. Essi non producevano tessuti di pregio, ma di qualità assai
modesta. Innocenzo III approvò il “Propositum” (20) che gli Umiliati
gli avevano presentato, colla Bolla Pontificia del 7 giugno 1201,
trasformandoli in un vero e proprio Ordine laicale.
“Secondo alcuni recenti studi, lo stesso concetto di penitenza doveva
aver perso molto del concetto biblico di costante conversione interiore ed
itinerario a Dio, assumendo piuttosto quello di aspetti esterni di penitenza
che si manifestavano anche in forme appariscenti, ma solo come fenomeno
cultuale ”. (21)
Agli
inizi del sec. XIII, il panorama del Movimento penitenziale è dunque molto
vivace, ma al tempo stesso la sua sopravvivenza era messa in pericolo dalla
deviazione eretica di molti gruppi quali i Catari e i Valdesi, mentre la
rimanente parte del popolo cristiano, raggruppato in comunità e confraternite
che avevano accettato un certo controllo da parte della gerarchia ecclesiastica
con un atto di impegno che si chiamava “Professio”, presentava una vivissima
sete di guide spirituali che, con la vita e la parola, indicassero alla gente
la via da seguire per restare fedeli a Dio e alla Chiesa.Antonio Fasolo Ofs
(5) - R. Pazzelli,
in “ Dizionario Francescano ”, voce Penitenza, p. 1447.
(6) - Consisteva in un complesso di funi
o catene, piccole o grandi, semplici o terminanti con sbarre o palline di
sostanze dure (legno o metallo).
(7) - C.C.C. nr. 1431
(8) - 1 Sam. 7,3
(10) - Os. 3
(11) - Ger.
3,10 ; 4,3-4 ; Ez. 33,14-15 ; Ml. 3,7-8
(12) Una stoffa ruvida e pungente o una
cintura con nodi o catenella che si portava sulla nuda pelle.
(14) - Mc
1,15
(15) - LC
13,3
(16) - C.C.C. 1427
(17) - C.C.C. 1447
(18)
- Coloro che ricevevano l’istruzione religiosa per essere battezzati.