domenica 19 dicembre 2010

Silenzio

Fra sei giorni è Natale e c'è troppo rumore in giro.
Troppo chiasso anche dentro di me.
C'è bisogno di silenzio per ascoltare i passi di Dio .
Bella questa poesia di Alda Merini :


Ho bisogno di silenzio
come te che leggi col pensiero
non ad alta voce
il suono della mia stessa voce
adesso sarebbe rumore
non parole ma solo rumore fastidioso
che mi distrae dal pensare.

Ho bisogno di silenzio
esco e per strada le solite persone
che conoscono la mia parlantina
disorietante dal mio rapido buongiorno
chissà, forse pensano che ho fretta.

Invece ho solo bisogno di silenzio
tanto ho parlato, troppo
è arrivato il tempo di tacere
di raccogliere i pensieri

 



giovedì 2 dicembre 2010

VEGLIATE!

(Luca 21,34-36 )


"Vegliare per non appesantire il cuore". L’atteggia­mento che Gesù più raccomanda ai suoi discepoli è la vigilanza, l'attesa attenta e pronta. Attendere è il contrario dell'addormentarsi, anzi come meglio si esprime il Vangelo, dell'appesantimento del cuore. L’immagine rende molto bene ciò che accade al nostro intimo quando, perdendo di vista l'essenziale e la fiducia nelle promesse di pienezza e sal­vezza che Dio ha fatto alla nostra vita, sentimenti come tristezza, malinconia, delusione, rammarico, invidia, gelosia, irrequietezza e scontentezza si annidano nell'animo e mettono radici pesanti e profonde. Tutto questo addormenta il cuore, annebbia la vista e ci rende miopi, incapaci di scorgere l'orizzonte ampio davanti a noi, facendoci inevitabilmente ripiegare negli angusti confini della nostra limitata realtà. Anche la postura fisica si modifica e ci incurviamo, camminando pesantemente. Chi sa attendere, si erge in posizione di dignitosa speran­za, alzando il capo e guardando avanti con serena fiducia e sano realismo.

Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo.  Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca,  e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo.  Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato.  Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.  Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà.
( Mt. 24, 37-44)

"Non si accorsero di nulla". Ecco quello che accade a chi non attende e non veglia. Non si accorge. Non si accorge del vero significato della realtà, non si ac­corge della bellezza che lo circonda, non si accorge dei segni di vita e di speranza che fioriscono intorno, non si accorge delle proprie potenzialità di crescita e di creatività. Non si accorge della ricchezza che è l'altro, non si accorge dell'amore che lo interpella. È come guardarsi intorno, senza vedere e capire, sen­za riconoscere la propria dignità e vocazione.


domenica 28 novembre 2010

LA MISURA D'UN UOMO

Non è il critico che conta, non l’uomo che indica perché il forte cade, o dove il realizzatore poteva far meglio. Il merito appartiene all’uomo che è nell’arena; il cui viso è segnato dalla polvere e dal sudore; che lotta coraggiosamente; che sbaglia e può cadere ancora, perché non c’è conquista senza errore o debolezze, ma che veramente lotta per realizzare; che conosce il grande entusiasmo e la grande fede; che si adopera per una nobile causa, che tutt’al più conosce alla fine il trionfo delle alte mete, e che nel peggiore dei casi, se fallisce, cade almeno gloriosamente, cosicché il suo posto non sarà mai vicino alle anime pavide e paurose che non conoscono ne la vittoria ne la sconfitta.
Theodore Roosevelt 

martedì 16 novembre 2010

Tu non sei bello....

Perché a te sembra che tutti voglian venir dietro? Chiede Frate Masseo....
Molti sono oggi gli idoli della gioventù. I cantanti di successo, per esempio. Fa sempre impressione vedere tanti teen-ager e non solo, urlare come invasati durante i concerti, calpestarsi a vicenda nel tentativo di sfiorare il belloccio di turno, magari un attore, magari quello più famoso e più sexy. La nostra Modernità, il nostro Occidente esalta altri valori, altri modelli, come il potere , la bellezza, la ricchezza, la fama. Esattamente quello che S. Francesco rifiutò che S. Francesco non fu.
            “ Tu non se’ bello uomo del corpo, tu non se’ di grande scienza, tu non se’ nobile...” dice frate Masseo nel cap. X dei Fioretti. Non c’è  in realtà nulla che si possa immaginare come più radicalmente antifrancescano del tempo presente. Anche la pretesa originalità e l’anticonformismo di Francesco sono oggi doti  tanto elogiate quanto poco perseguite nella nostra società. A Parole le si ammirano ma poi, di fronte ai soprusi piccoli o grandi si cala la testa, ci si fa i fatti propri, che tanto è meglio e si evitano guai. Che gli altri si arrangino, anche se in definitiva, siamo tutti sulla stessa barca....
Allora di nuovo si torna alla domanda di frate Masseo. Perché Francesco va sempre così di moda? E , paradossalmente,   è davvero un bene che sia così ????  In fondo non fu Gesù in persona a metterci in guardia dalla fama a buon mercato? “Guai , quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti. Lc. 6,26 “ Dando per scontata la genuinità del santo, non potrebbe essere invece che chi ne parla bene, lo ha un po’ frainteso?. Pensate alla forza di un uomo, nota lo storico Franco Cardini , che predica nudo nella sua città, esponendosi al pubblico ludibrio, dove tutti lo conoscono sin da bambino e lo giudicano un pazzo. O che minaccia i frati disobbedienti di consegnarli al pugile di Firenze, più che un  confratello, un manesco energumeno. O che in punto di morte, mentre tutti si aspettano che si trasfiguri, si mette a cantare e a chiedere dolci. Un Francesco che si sente tanto attratto dalle donne, da doversi buttare d’inverno nella neve o in mezzo ai rovi per placare i morsi della lussuria. Un Francesco che va a convertire il Sultano e non ottenendo risultati se ne torna a casa con una pacca sulle spalle ed un corno da caccia. Un fallito, davvero,  di fronte al quale c’è da rimanere sgomenti e confusi.
Chi è mai dunque questo Francesco e che cosa ha da dire ancora al nostro tempo? A differenza del Duecento italiano, oggi il nostro paese e ancor più l’Europa, sono ritornate ad essere territori pagani e quindi ostili alla proposta cristiana.
Francesco viveva invece in un mondo tecnologicamente arretrato  forse, ma ripieno di Dio: un mondo nel quale tutto si consacrava. Che cosa può dirci il suo esempio nel nostro mondo, quello di adesso, segnato dalla desacralizzazione? Francesco rinunziava a sé stesso: che cosa può indicarci il suo esempio in un mondo fatto di “individui assoluti” sempre più angosciati per esser tali ma sempre meno disposti a cessar di esserlo? Francesco lodava il Signore “per sora nostra morte corporale”: ma il nostro mondo è perpetuamente assediato e angosciato dall’idea della fine fisica come Fine di Tutto che pensa di esorcizzare con l’introduzione dell’Eutanasia; ed è questa la base della sua cupa e feroce disperazione travestita da felice godimento della vita e da universale desiderio individuale di restar per sempre giovani, sani, belli, ricchi. Francesco d’Assisi resta uno scandalo, un paradosso, una sfida. Ridurlo a un santino devozionale è grave. Farne un rivoluzionario ridicolo è più grave ancora. Nella società dell’avere, del potere, del produrre e del consumare, la sua testimonianza, tutta dalla parte dell’essere, risulta radicalmente inattuale: ed equivoca dunque l’ammirazione di cui lo si circonda.
Perché noi dunque l’amiamo , dobbiamo chiederci, esigendo di essere sinceri sino in fondo....

Non sarà forse perché egli, con la sua vita, ha dimostrato che è vero, terribilmente vero, ciò che qualche secolo dopo affermò un grande poeta , T.S. Eliot e cioè che il cristianesimo è la via che conduce al possesso di ciò che avevamo cercato nel posto sbagliato?

Michey Rourke nei panni di S. Francesco















mercoledì 27 ottobre 2010

FRANCESCO : PERCHE’ A TE?

In occasione delle celebrazioni per l’ottavo centenario della nascita, l’allora pontefice Giovanni Paolo II ebbe ad occuparsi in più occasioni e con svariate catechesi del nostro amabilissimo padre S.Francesco .Fra le altre cose ( difficile fare una selezione ) ebbe a dire : “ Nel libro I fioretti ..... si legge che un giorno frate Masseo, uno dei primi compagni del poverello, rivolse al santo questa domanda: "Perché a te tutto il mondo viene dietro?". A otto secoli dalla nascita di s. Francesco, questa domanda conserva tutta la sua attualità. Appare, anzi, piú giustificata oggi che allora. Non solo, infatti, è andata ingrossandosi, in questi otto secoli, la schiera di coloro che hanno seguito da vicino le orme di Francesco, abbracciando la regola di vita da lui tracciata, ma anche l'ammirazione e la simpatia di tutti gli uomini, anziché affievolirsi col passare del tempo - come suole avvenire nelle cose umane -, si sono fatte sempre piú profonde e universali, lasciando un'impronta indelebile, nella spiritualità cristiana, nell'arte, nella poesia, e in quasi tutte le espressioni della civiltà occidentale. La nazione italiana, che ha avuto il privilegio di donargli i natali, lo ha eletto suo principale patrono, insieme con l'altra grande sua figlia, Caterina da Siena. Il suo nome ha varcato, poi, i confini d'Europa, tanto che a ragione si possono applicare a lui le parole del vangelo: "dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che egli ha fatto".
.....Francesco appare come l'uomo del consenso universale, nel senso che tutti gli uomini che sono venuti a conoscenza del suo tenore di vita si accordano nel ritenere pienamente valido il modello di umanità da lui realizzato. Di qui l'opportunità di riporci, ....... l'ingenua domanda di frate Masseo: perché tutto il mondo va dietro a Francesco d'Assisi?
Una prima risposta a tale domanda sembra potersi esprimere cosí: gli uomini ammirano e amano il santo d'Assisi perché vedono realizzate in lui, in maniera esemplare, quelle cose alle quali essi maggiormente anelano, senza tuttavia riuscire spesso a raggiungerle nella propria esistenza, e cioè la gioia, la libertà, la pace, l'armonia e la riconciliazione tra di loro degli uomini e delle cose. “
La maggior parte dei santi sviluppa infatti la propria perfezione sviluppando  e valorizzando solo alcuni aspetti particolari della personalità di Colui che rappresenta il modello per ognuno . Un santo completo, totale, sembra invece  Francesco, un santo di una cattolicità , in questo senso appunto universale, che riesce ad affascinare ancora uomini di ogni età, razza, religione ed estrazione sociale ponendo al tempo stesso innumerevoli difficoltà interpretative.
Diceva un noto studioso medievalista , Franco Cardini, :” Non piacere a nessuno è una bella sfortuna: ma piacere a tutti è per un personaggio storico (specie se questi è anche un santo) una sfortuna forse ben maggiore. Ci sono stati così proposti negli ultimi decenni, da più parti e con innumerevoli sfaccettature, un Francesco tradizionalista e uno progressista, uno ipercattolico e uno prelaicista, uno ligio e uno ribelle, uno di destra e uno di sinistra, uno socialista e uno fascista: Francesco sempre e Francesco mai. Altro che l'alternarsi di un Francesco «con»  e di uno «senza» barba, sul quale hanno riflettuto storici dell'arte e iconologi!
Il Povero d'Assisi continua ad attirare interessi e a provocare occasioni celebrative. Patrono d'Italia, patrono degli ecologisti e di un sacco di altre cose, è , senza dubbio alcuno, il santo più celebre del mondo cattolico e uno dei personaggi  più noti, amati e ammirati della storia dell'umanità. Per quel
poco che di lui con certezza si sa, rifuggiva dalle cerimonie: eppure ogni anno la sua tomba riceve omaggi d'ogni genere. Riparava con le sue mani le povere chiese fatiscenti e insiste­va sul fatto che quelle destinate alla sua fratemitas avrebbero dovuto essere spoglie e disadorne: eppure, è nel nome suo e del suo Ordine che sono stati eretti alcuni fra i templi più belli d'Europa. Proclamava il Vangelo unico e sufficiente viatico per lui e per i suoi frati: eppure, gli uomini rivestiti del suo saio di sacco bruno invasero le università e divennero i pro­tagonisti del rinnovamento della cultura filosofica e addirittura scientifica del medioevo. Insomma, sembra proprio che nessuno più di lui sia stato al tempo stesso più onorato e più tradito.
Questo Francesco, sul quale si sono scritte biblioteche inte­re mentre gli scritti che egli ci ha lasciato e i documenti più autentici che lo riguardano riempiono a malapena un piccolo libro, resta un'incognita..”
Non facciamoci dunque illusioni : l’idea che abbiamo di S. Francesco potrebbe essere sbagliata, in tutto o in parte, per questo è importante anzi doveroso che ognuno intraprenda un nuovo viaggio fatto possibilmente non solo di studio ma soprattutto di preghiera, incentrata su quelle poche cose certe che di lui possediamo, per tentare di svelare il mistero di un uomo la cui ricerca di senso sbocciò in una fede incrollabile in Dio e nella Chiesa cattolica , in una vita pienamente felice e realizzata , alla quale tutti più o meno consapevolmente tendiamo , e che nell’intimo intuiamo esserci vicina nella vita e nell’esempio di questo fratello coraggioso e così semplicemente normale.
Cominciamo dunque a seguire le sue tracce....
 
Giovanni Paolo II : VIII CENTENARIO DELLA NASCITA DI S. FRANCESCO D'ASSISI 15 agosto 1982,
Franco CARDINI : S. FRANCESCO D’ASSISI


martedì 19 ottobre 2010

Io dormo, ma il mio cuore veglia.

Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato
l'amato del mio cuore;
l'ho cercato, ma non l'ho trovato.
( Ct. 2,3 )

mercoledì 13 ottobre 2010

                     Tutti abbiamo le ali, ma solo chi sogna impara ad usarle
                     ( Jim Morrison)

venerdì 8 ottobre 2010

Le tracce del sacro nei versi degli U2....

"A dodici anni adoravo Davide:  per me era come una pop star, le parole dei salmi erano poesia e lui era un divo. C'è da dire che, prima di diventare profeta e re di Israele, Davide aveva dovuto subirne parecchie:  era andato in esilio e poi finì in una caverna dove fece i conti con se stesso e con Dio. Ed è proprio lì che la soap opera si fa interessante:  Davide compone il suo primo blues". Detta così, ha tutta l'aria di un'affermazione irriverente. E invece questa dichiarazione fatta da Bono, il leader degli U2, una delle rock band più importanti degli ultimi trent'anni, può essere letta come una originalissima dichiarazione di fede. Una fede che peraltro emerge, a volte più marcatamente altre in modo più sfumato, in buona parte della produzione musicale del gruppo di Dublino. "Nella musica degli U2 - ha spiegato una volta Bono, al secolo Paul Hewson - ci sono cattedrali e strade. Le strade conducono alle cattedrali e mentre ci cammini ti senti nervoso, come se qualcuno ti seguisse. Se ti volti non c'è nessuno. Poi finalmente entri nelle cattedrali e solo allora capisci che c'era davvero qualcuno che ti seguiva:  Dio". Da autentico irlandese, Bono non ha mai nascosto il suo essere cattolico, ma forse non tutti, se non i fan più incalliti, sono riusciti a scovare nelle sue canzoni molti richiami alla Bibbia, dalle semplici allusioni a vere e proprie citazioni. A guidarci in questa singolare ricerca filologica è il critico musicale Andrea Morandi in U2. The Name Of Love (Roma, Arcana, 2009, pagine 664, euro 22), un libro in cui vengono analizzati tutti i testi di Bono, dal primo album, Boy del 1980, all'ultimo, No Line On The Horizon dello scorso anno. Un lavoro interessante e sorprendente, visti i risultati:  "La presenza della Bibbia nei primi dischi - afferma, infatti, Morandi -  era una cosa nota. Ma che continuasse  in  modo  persistente  fino all'ultimo cd è stata una vera scoperta". Certo, a molti giovani farà un certo effetto scoprire una così forte religiosità in una rock star del calibro di Bono e in un gruppo tanto noto e impegnato, eppure le canzoni sono lì a dimostrarlo. A cominciare dal brano "40", contenuto nel disco War, il cui testo si richiama al Salmo 40, del quale riporta alcuni versetti, con l'aggiunta della frase - How long to sing this song? "Per quanto a lungo dovremo cantare questo canto?" - ancora oggi ripetuto dalle migliaia di persone, giovani e non, che affollano i concerti della band in tutto il mondo. Ma se "40" è un caso particolare con le sue citazioni, le tracce del sacro nei versi degli U2 sono molteplici e a vari livelli. Un disco in particolare, October, il secondo della loro carriera, è significativo in questo percorso:  "Una serie di riflessioni religiose elaborate da un ragazzo di vent'anni educato da un padre cattolico e da una madre protestante", annota Morandi. Tutte le canzoni dell'album sono, infatti, impregnate di richiami biblici. Soprattutto "Gloria", il cui testo si rifà al Salmo 30, ma riprende anche l'attacco del Salmo 51, con Bono che prima grida "Miserere" e poi canta "Oh, Signore, se avessi qualcosa / Qualsiasi cosa / Io la darei a Te". E poi Rejoice titolo di una canzone ma anche parola chiave (gioia) dell'intero disco, in cui Bono si identifica con Abacuc fino a "stendere il suo personale salmo", azzarda l'autore, in cui si passa dallo scoramento dei riferimenti biografici - la prematura morte della madre in particolare, un lutto a lungo non elaborato - all'improvvisa comparsa di qualcosa a illuminare la strada che sembrava smarrita. Dalla Genesi ai Salmi, da Abacuc all'Apocalisse - come nel brano Fire, dove le suggestioni del sesto capitolo del testo giovanneo si ritrovano nella descrizione del sole nero, delle stelle cadenti - e arrivando ai Vangeli e scoprendo che in When Love Comes to Town si narra della tunica di Gesù giocata ai dadi, o che in Until the End of the World si parla di Giuda e del suo tradimento. In Tomorrow, dopo citazioni varie si giungerebbe addirittura all'annuncio del ritorno di Gesù:  "Apriti, apriti / all'Agnello di Dio / all'amore di Colui / che ridonò la vista ai ciechi / Egli sta tornando". Per Morandi, l'opera degli U2 si propone come un percorso circolare:  dall'intimismo e dalla religiosità dei primi dischi, si passa attraverso lo smarrimento di Zooropa in cui Bono "si arrende e confessa di aver perso bussola e mappe, ragioni e religione, limiti e confini" e che contiene The First Time, brano in cui, partendo dalla parabola del figliol prodigo, riflette sulla perdita della fede. E si passa anche per Pop, un disco "pieno di discussioni con Dio", alla ricerca della strada perduta, difficile da ritrovare se, come recita If God Will Send His Angels, "Dio ha staccato la cornetta" e non resta che chiedersi cosa accadrebbe se "mandasse i suoi angeli, mandasse un segno:  sarebbe tutto a posto?". Fino ad arrivare a No Line On The Horizon, dodicesimo e ultimo album del gruppo, dove si ritrovano la luce e la speranza degli inizi, in particolare in Magnificent - che già dal titolo richiama il Magnificat - una lode a Dio, un "inno definitivo all'amore", come lo definisce il critico - e in Unknown Caller, dove lo sconosciuto che chiama è il Dio che salva. "Quella di Bono è una scrittura molto sofisticata e spesso misconosciuta", secondo Morandi, per il quale l'artista "arriva a lavorare sulla singola parola come Bob Dylan e Leonard Cohen. Ma il personaggio è tanto strabordante da aver schiacciato la dimensione autoriale. Eppure solo lui e Dylan riescono a condensare la Bibbia nei tre minuti di una canzone". I temi - supportati da una musica di notevole livello - sono impegnativi, le riflessioni profonde, parlano di attualità, di problemi quotidiani, di responsabilità di fronte agli uomini e al mondo. Non mancano richiami a scrittori cristiani celebri come Clive Staples Lewis, autore protestante molto amato da Bono, al pari della cattolica Flannery O'Connor, della quale apprezza il suo "modo di rappresentare il rapporto tra le persone comuni e Dio". Ma - aggiunge Morandi - "la cosa che rende convincente la scrittura di Bono è la sincerità con cui mette in campo una fede fatta di domande  rivolte a un Dio vicino, un amico con cui si può anche litigare". Insomma, spogliato dell'alone del successo, degli abiti di profeta del rock e di paladino di quel terzo mondo afflitto da povertà e fame, del personaggio influente e autorevole chiamato a parlare anche a consessi internazionali - si ricorda l'impegno in occasione dei concerti Live Aid in favore dell'Africa e della campagna che li accompagnò, che lo portò anche in Vaticano il 5 settembre 1999 quando ebbe un'udienza con Giovanni Paolo II - Bono resta un uomo in continua ricerca. Una ricerca partita da Dublino nel 1980 che si conclude, per ora, e non per caso forse, nel Vicino Oriente, a Beirut, teatro dell'ultima canzone:  Cedars of Lebanon. Un brano che parla di guerra, l'ennesima di quella martoriata terra. Il protagonista, un reporter, che lontano da casa, tra le miserie del conflitto, finisce per parlare con Dio:  "Tu sei così alto su di me, più alto di chiunque altro/ Dove sei tra i cedri del Libano?". (©L'Osservatore Romano 4-5 gennaio 2010) 

martedì 28 settembre 2010

GUARDALO, MEDITA E CONTEMPLA....

Camminavo una mattina di tanti anni fa, mano nella mano, io e mia madre, lungo una strada di campagna, il sole già forte e gagliardo, all’inizio dell’estate. Davanti ad una casa un gruppo di giovanotti allora più grandi di me , urlavano sprezzanti e inveivano e maledicevano altri coetanei rivali. “ Vedi quelli ? “, mi disse lei stringendomi più forte la mano, “ non sanno neppure farsi il segno della Croce “.
Oh io no, pensai, io lo conosco bene quel gesto. Ed ora pure, dopo molto tempo, come il fariseo presuntuoso, ringrazio Dio d’avermi fatto cristiano, non come quelli che non conoscono...che non sanno... Nel corso degli anni sono pure migliorato. Ora il segno della croce lo traccio con mano sicura, con gesto collaudato e preciso, spesse volte accompagnato da un inchino. La croce la bacio pure, è appesa sulle mura della mia casa , sul rosario che porto in tasca, al collo, in auto, in ufficio. Va tutto bene... solo una cosa mi manca. Quella croce dovrei forse amarla.
Non è forse vero che quando la sofferenza ci colpisce ci affrettiamo ad iniziare preghiere, novene, sacrifici, pellegrinaggi, chiamiano a raccolta tutti i santi del paradiso, invochiamo pietà, intercessione, misericordia e salvezza. Non ci sfiora neppure per un attimo il pensiero che quella croce che sembra schiacciarci, forse ci sorregge, che sarebbe meglio abbracciarla per amore, perché è l’unica via che ci salva? Parole dure, folli, scandalose. Provate a dirle, a gridarle al mondo, all’amico, al collega che non crede, vi riderà in faccia e sarete considerati illusi, idioti o peggio ancora un pericolo per il genere umano.
San Francesco di cui da poco abbiamo celebrato e ricordato l’impressione delle stimmate, fu un santo singolarmente e profondamente segnato dal segno della croce, sia spiritualmente che fisicamente nella sua carne.
Le armi che aveva sognato da giovane erano contrassegnate con la croce di Cristo. Davanti all’immagine del crocifisso a S. Damiano percepì i primi segni della sua vocazione e poi alla terza apertura del libro dei Vangeli davanti al suo primo compagno Bernardo, lesse “ Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.” ( Mt. 16,24 )
Poi due anni prima di morire, sulla Verna, l’incontro decisivo con la passione di Cristo: Chiara non fu da meno: “ Mira, o nobilissima regina, il tuo sposo, il più bello tra i figli degli uomini, divenuto per la tua salvezza il più vile degli uomini, disprezzato, percosso, e in tutto il corpo ripetutamente flagellato e morente tra i più struggenti dolori sulla croce. Guardalo medita e contempla e brama di imitarlo ( FF.2879 )
Dice pure S. Bonaventura e qui siamo chiamati in causa pure noi che di S. Francesco ci diciamo seguaci: “ Egli infatti ricevette dal cielo la missione di chiamare gli uomini a conversione e penitenza e di imprimere con il segno della croce, e con un abito penitenziale fatto in forma di croce, il segno Tau sulla fronte di coloro che gemono e piangono e ritornano al Dio vivente.
Che S. Francesco e la Santa Vergine ci aiutino ad amare la croce di Cristo ed anche la nostra croce personale, consapevoli che questa non è strumento di tortura ma di salvezza. Il maestro divino c’insegni a tenere alto il vessillo della croce, lui che risana i cuori affranti e fascia le nostre ferite.

“ Noi predichiamo Cristo Crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio”. ( 1 Cor. 1,23-24 ).

giovedì 23 settembre 2010

La vita non è abbastanza...

La vita non è abbastanza.
Allora cosa voglio?
Voglio una decisione per l'eternità, qualcosa da scegliere e da cui non mi allontanerò mai, in nessuna oscura esistenza o qualunque altra cosa accada. E qual è questa decisione?
Una qualche tipo di febbre della comprensione, un'illuminazione, un amore che andrà oltre, trascenderà questa vita verso nuove esistenze, una visione seria, finale e immutabile dell'universo. Questo è ciò che intendo quando dico che "voglio degli Occhi".
Perché dovrei volere tutto questo? Perché qui sulla terra non c'è abbastanza da desiderare, o meglio, qui non esista una singola cosa che io voglia.
Perché non voglio una vita terrena? Perché non mi basta?
Perché non mi illumina l'anima, non mi riempie il cervello di eccitazione e non mi fa piangere di felicità.
Perché vuoi provare queste cose?
Perché la ragione e le questioni di fatto, la scienza e la verità non me le fanno provare e non mi conducono verso l'eternità, anzi, mi soffocano come l'aria viziata, stantia.







 


Jack Kerouac

sabato 18 settembre 2010

Dimmi...

“Quando il tuo sguardo innanzi a me scintilla
 amabilmente pio,
 io chiedo al lume della tua pupilla:
 «Dimmi, se il sai, bel messagger del core,
dimmi, che cosa è Dio?»
E la pupilla mi risponde: «Amore»”

(Aleardo Aleardi).

venerdì 10 settembre 2010

ATTENDERE PREGO......



Non siamo ancora nati che qualcuno attende per noi...o meglio , attende noi. E noi attendiamo di essere al mondo. Un mondo di attese  e desideri. Appartengo alla schiera fortunata di coloro che sono stati attesi, desiderati, amati. Mia madre ha atteso nove mesi, forse di più, nel profondo dei suoi desideri, di vedermi nascere  crescere e diventare adulto. Prima di lei il buon Dio ha atteso trepidante una sua decisione. Com’è tenero pensare che il buon Dio attenda il consenso delle madri per continuare a generare, a creare...con quale ansia dovette attendere il “ Fiat” di Maria, con quale gioia attese il ritorno dell’Arcangelo Gabriele e della sua buona notizia! Se anche Dio attese, se partecipa anche lui di questa umanissima esperienza, anche ogni nostra attesa si riempie di senso e di mistero.

La vedetta ha gridato:
«Al posto di osservazione, Signore,
io sto sempre, tutto il giorno,
e nel mio osservatorio
sto in piedi, tutta la notte.

(Isaia 21,8 )


 Tu nasci e cominci ad attendere, e non ti chiedi come mai perché proprio l’attesa s’intreccia negli affari della vita in maniera così forte ed invasiva?. Tu desideri prima le cose fondamentali, l’ossigeno per i polmoni, il cibo per sostentarti, l’acqua per dissetarti, l’amico per gioire, il gioco per divertire, il lavoro per guadagnare, l’affetto per amare , l’amore per realizzare una vita piena e compiuta. E mai smetti perché ogni volta non basta. E intanto aspetti,,...per non perdere la priorità acquisita....!
Ma l’attesa che si nutre di desiderio e di ricerca ti svela soltanto la tua povertà, il tuo bisogno fondamentale di vivere in maniera completa, non sempre costretto e frustrato dagli eventi. E’ questo che il cuore attende battendo nel petto per giorni, mesi ,anni...Il problema è capirlo, capire ciò che merita di essere atteso, che una volta raggiunto, ti sazia in  maniera definitiva. Allora il problema non è tanto quanto aspetti, ma cosa...o meglio Chi aspetti.
Perché se aspetti una piccola umana consolazione, questa di certo non ti basterà. Come chi aspetta le ferie dopo un anno di lavoro, scopre che i giorni felici fuggono troppo rapidi per soddisfare, e chi insegue la sua gioventù forte e gagliarda, appena finita l’adolescenza, si accorge presto che è sempre breve e non riesce a trattenerla, così è di ogni povera attesa di questo mondo che sempre muta e svanisce.
Ma se è Cristo che aspetti, se sei tu la vigile sentinella di Isaia, stai certo fratello o sorella che non verrai deluso.

domenica 5 settembre 2010

Metà Luna e Metà Marte...

 Diceva Čechov che nei certificati di nascita è scritto dove e quando un uomo viene al mondo, ma non vi è specificato il motivo e lo scopo. Io nacqui una fredda mattina di novembre del 1962, il giorno 18 per la precisione...e per l’appunto, a tutt’oggi , mi sforzo di comprenderne sia i motivi che il fine. So che erano passati 322 giorni dall’inizio dell’anno e ne mancavano 43 al suo compimento. Era domenica e la Chiesa ricordava il transito di S. Oddone abate di Cluny un sant’uomo che a quanto si racconta fu una vera guida spirituale sia per i monaci che per i fedeli del suo tempo. Di fronte alla "vastità dei vizi" diffusi nella società, il rimedio che egli proponeva con decisione era quello di un radicale cambiamento di vita, fondato sull’umiltà, l’austerità, il distacco dalle cose effimere e l’adesione a quelle eterne . Ma per tornare a quelle effimere vi dico che io nacqui verso le dieci e venti della mattina dentro una clinica intitolata a San Michele Arcangelo e...spero , sotto la sua vigile protezione. Quel giorno il sole era sorto intorno alle sette , all’Olimpico la mitica Fiorentina che allora giocava in serie A avrebbe incontrato la Roma pareggiando per due a due.
Lo stesso giorno, prima che il sole tramontasse, sarebbe morto a Copenaghen il noto premio Nobel per la fisica Niels Henrik David Bohr in onore del quale fu intitolato un elemento della tabella chimica di Mendeleev, il Bohrium, presente tra gli elementi transuranici con il numero atomico 107. Non dico questo per semplice cronaca, ma perché dopo tanti anni di meditazione mi è venuto il sospetto che la trama storica , il luogo, il tempo in cui si precipita sulla terra per volere di Dio, non siano affatto ininfluenti sul corso della nostra esistenza. Eh già, perché l’età più pericolosa per un uomo è senza dubbio il periodo che intercorre tra la nascita e la morte...è lì che per l’appunto vanno cercati e possibilmente trovati i fini e le motivazioni. Quello stesso giorno , per i tipi della famosa collana di fantascienza “ Urania “ venivano pubblicati i racconti : Metà Luna e Metà Marte ( n. 295 prezzo di lire 150 ) di Judith MERRIL e Richard MATHESON. ( entrambi le storie ruotano intorno all’evento della nascita d’un bambino ). Negli anni a seguire, di quella collana lessi molti racconti ed ancora oggi la fantascienza esercita su di me un misterioso fascino....forse perché postula la limitatezza di questo mondo mentre il nascere comporta indubbiamente il ricevere in dono un universo intero! Negli anni ho notato come le persone pregano abitualmente e giustamente nei cimiteri; forse nessuno prega invece nei reparti di maternità. E lì che bisogna cominciare, accanto alle culle, è lì , dopo il primo schiaffo dell’ostetrica, che bisogna intonare l’Ave Maria....prega per noi ora e nell’ora della nostra nascita. Amen