“Sto navigando via mio unico vero amore,
sto navigando via nella mattina.
C’è qualcosa che posso spedirti via mare,
dal posto nel quale sto andando?
No, non c’è niente che puoi mandarmi, mio unico vero amore,
non c’è niente che vorrei fosse mio.
Solo ritorna da me sana e salva,
dal solitario oceano.
Ho solo pensato che potresti volere qualcosa di carino
d’argento o d’oro,
o dalle montagne di Madrid
o dalle coste di Barcellona.
Ma se avessi le stelle dalla più oscura notte
ed i diamanti dal più profondo oceano,
ci rinuncerei per un tuo dolce bacio,
perché è questa l’unica cosa che vorrei fosse mia.
Potrei stare via per molto tempo
e ti sto solamente chiedendo,
se c’è qualcosa che posso mandarti per essere ricordata,
per rendere la tua attesa più sopportabile.
Come puoi, come puoi chiedermelo ancora,
questo mi rammarica.
la stessa cosa che voglio da te oggi,
la vorrei ancora domani.
Ho ricevuto una lettera un solitario giorno,
proveniente dalla sua barca in viaggio,
diceva di non sapere quando sarebbe tornata a casa,
e che dipendeva da quello che provava.
Se tu, amore mio, puoi pensare una cosa del genere,
sono sicuro che la tua intenzione è di viaggiare.
Sono sicuro che il tuo cuore non è con me,
ma con il paese nel quale stai andando.
Perciò fai attenzione, fai attenzione al vento dell’ovest,
fai attenzione al tempo burrascoso.
E sì, c’è qualcosa che puoi mandarmi,
stivali spagnoli di cuoio spagnolo”.
Joan Baez, Boots of spanish leather - 4:35
Album: Any Day Now (Songs of Bob Dylan) (1968)
" Dai loro posti di sentinella, essi aspettano il ritorno del loro Signore, per aprirgli subito, appena busserà. "
mercoledì 30 marzo 2011
lunedì 28 marzo 2011
UNA FOLLE AVVENTURA...
Cos'è quella sensazione che si prova quando ci si allontana in macchina dalle persone e le si vede recedere nella pianura fino a diventare macchioline e disperdersi? È il mondo troppo grande che ci sovrasta, è l'Addio. Ma intanto, ci si proietta in avanti verso una nuova, folle avventura sotto il cielo.
- Jack Kerouac
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venerdì 18 marzo 2011
COME UNO SQUILLO DI TROMBA.
Tutta la storia del Cristianesimo si riassume in due eventi : Cristo morì, poi risorse. E’ su questo che si basa la nostra fede. La contraddizione massima che l’uomo da sempre sperimenta – quella tra la vita e la morte – è stata superata. Ora la contraddizione più radicale non è tra il vivere e morire , ma tra il vivere “ per il Signore “ e il vivere per se stessi”. Vivere per se tessi è il nuovo nome della morte.
Forse soltanto quando giungeremo in Paradiso comprenderemo in pieno il dramma in cui l’uomo è precipitato dopo il peccato originale. L a morte che spezza la vita, i sogni, gli affetti, che falcia la speranza e ci rende schiavi, terrorizzati ed incapaci d’amare, moralmente decomposti come un giorno lo saremo fisicamente. La risposta di Dio è la resurrezione di Cristo, garanzia della nostra. Può una madre dimenticare il suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? ( Is. 49,15). E’ il Signore stesso che ripete ora alla sua Chiesa “ Io ero morto, ma ora vivo per sempre ed ho potere sopra la morte e sopra gli inferi” ( Ap. 1,18 ) A coloro che soffrono nell’anima e nel corpo, anziani, ammalati che si sentono inutili e di peso per la società e guardano forse con invidia dal loro letto, il mondo dei sani, ricordiamo come si è comportato Dio, ricordiamo la sua kenosi in una stalla, la vita umile e nascosta dell’operaio, la morte violenta riservata ai criminali.
Dio per salvarci dalla morte ha inventato il suo annientamento. Agli uomini ed alla stessa Chiesa, tentata spesso di scoraggiamento e di “ tiepidezza “, bisognosa di ritrovare il suo fervore d’un tempo, occorre far giungere come uno squillo di tromba il grido pasquale “ Enìchesen – ha vinto!” E’ ora che si realizzi nella vita di ciascuno di noi quell’essere battezzati nella sua morte, è ora che qualcosa del vecchio uomo ci crolli addosso, si stacchi da noi e rimanga sepolto per sempre nella passione di Cristo. Basta col tempo trascorso a giustificare noi stessi e incolpare gli altri. Basta con le polemiche inutili tra credenti stessi e cattolici. Buona parte dei mali e dell’infelicità che affliggono le famiglie, la società e la Chiesa, dipendono dal fatto che ognuno giudica e mette sotto accusa gli altri, anziché accusare e giudicare se stesso. Pensiamo che siano gli altri a dover cambiare ma non pensiamo mai seriamente a cambiare noi stessi. E’ questa la sola rivoluzione che può rendere il mondo migliore. E non pensiamo di avere tanto tempo a disposizione…
La notte prima che crollasse, in Friuli, la diga del Vajont, il 9 ottobre 1963, provocando quell'immane sciagura, furono uditi degli scricchiolii provenire da quella parte, senza che nessuno vi facesse caso.
Ebbene, qualcosa del genere sta avvenendo intorno a noi, se lo sappiamo ascoltare. Questo mondo che ci siamo costruiti, impastandolo d’ingiustizia e di disinvolta ribellione ai comandamenti di Dio, scricchiola. C'è odore di bruciato nell'aria. Se fosse ancora in vita, Giovanni Battista griderebbe: «La scure è alla radice, la scure è alla radice. Ravvedetevi!» (cf Mt 3, lO).
Il mondo stesso non credente avverte confusamente questa minaccia che è nell'aria, ma reagisce in maniera del tutto diversa: costruendo rifugi antiatomici! Ci sono nazioni che investono in ciò una parte notevole del loro bilancio. Come se con ciò si risolvesse il problema! Anche noi credenti siamo alla ricerca di un rifugio antiatomico, ma il nostro vero rifugio antiatomico, la nostra "arca di Noè", è proprio questo: il pentimento dei peccati. Infatti nulla e nessuno potrà far paura a chi ha posto il suo cuore sulla salda roccia che è Dio. Egli canta con il salmista:'
«Dio è per noi rifugio e forza,
aiuto sempre vicino nelle angosce.
Perciò non temiamo se trema la terra,
se crollano i monti nel fondo del mare».
(Sal 46, 1 s)
Al mondo scatenato che mi minaccia di distruzione, possiamo dire nella fede: «Tu non hai, per farmi del male, la millesima parte della forza che io ho per sopportarlo!». Perché «tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4, 13). In colui che ha detto: «Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo»
(Gv 16, 33).
Forse soltanto quando giungeremo in Paradiso comprenderemo in pieno il dramma in cui l’uomo è precipitato dopo il peccato originale. L a morte che spezza la vita, i sogni, gli affetti, che falcia la speranza e ci rende schiavi, terrorizzati ed incapaci d’amare, moralmente decomposti come un giorno lo saremo fisicamente. La risposta di Dio è la resurrezione di Cristo, garanzia della nostra. Può una madre dimenticare il suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? ( Is. 49,15). E’ il Signore stesso che ripete ora alla sua Chiesa “ Io ero morto, ma ora vivo per sempre ed ho potere sopra la morte e sopra gli inferi” ( Ap. 1,18 ) A coloro che soffrono nell’anima e nel corpo, anziani, ammalati che si sentono inutili e di peso per la società e guardano forse con invidia dal loro letto, il mondo dei sani, ricordiamo come si è comportato Dio, ricordiamo la sua kenosi in una stalla, la vita umile e nascosta dell’operaio, la morte violenta riservata ai criminali.
Dio per salvarci dalla morte ha inventato il suo annientamento. Agli uomini ed alla stessa Chiesa, tentata spesso di scoraggiamento e di “ tiepidezza “, bisognosa di ritrovare il suo fervore d’un tempo, occorre far giungere come uno squillo di tromba il grido pasquale “ Enìchesen – ha vinto!” E’ ora che si realizzi nella vita di ciascuno di noi quell’essere battezzati nella sua morte, è ora che qualcosa del vecchio uomo ci crolli addosso, si stacchi da noi e rimanga sepolto per sempre nella passione di Cristo. Basta col tempo trascorso a giustificare noi stessi e incolpare gli altri. Basta con le polemiche inutili tra credenti stessi e cattolici. Buona parte dei mali e dell’infelicità che affliggono le famiglie, la società e la Chiesa, dipendono dal fatto che ognuno giudica e mette sotto accusa gli altri, anziché accusare e giudicare se stesso. Pensiamo che siano gli altri a dover cambiare ma non pensiamo mai seriamente a cambiare noi stessi. E’ questa la sola rivoluzione che può rendere il mondo migliore. E non pensiamo di avere tanto tempo a disposizione…
La notte prima che crollasse, in Friuli, la diga del Vajont, il 9 ottobre 1963, provocando quell'immane sciagura, furono uditi degli scricchiolii provenire da quella parte, senza che nessuno vi facesse caso.
Ebbene, qualcosa del genere sta avvenendo intorno a noi, se lo sappiamo ascoltare. Questo mondo che ci siamo costruiti, impastandolo d’ingiustizia e di disinvolta ribellione ai comandamenti di Dio, scricchiola. C'è odore di bruciato nell'aria. Se fosse ancora in vita, Giovanni Battista griderebbe: «La scure è alla radice, la scure è alla radice. Ravvedetevi!» (cf Mt 3, lO).
Il mondo stesso non credente avverte confusamente questa minaccia che è nell'aria, ma reagisce in maniera del tutto diversa: costruendo rifugi antiatomici! Ci sono nazioni che investono in ciò una parte notevole del loro bilancio. Come se con ciò si risolvesse il problema! Anche noi credenti siamo alla ricerca di un rifugio antiatomico, ma il nostro vero rifugio antiatomico, la nostra "arca di Noè", è proprio questo: il pentimento dei peccati. Infatti nulla e nessuno potrà far paura a chi ha posto il suo cuore sulla salda roccia che è Dio. Egli canta con il salmista:'
«Dio è per noi rifugio e forza,
aiuto sempre vicino nelle angosce.
Perciò non temiamo se trema la terra,
se crollano i monti nel fondo del mare».
(Sal 46, 1 s)
Al mondo scatenato che mi minaccia di distruzione, possiamo dire nella fede: «Tu non hai, per farmi del male, la millesima parte della forza che io ho per sopportarlo!». Perché «tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4, 13). In colui che ha detto: «Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo»
(Gv 16, 33).
lunedì 7 marzo 2011
LA PRIMA VOLTA CHE MIO PADRE MORI'
Ricordo come fosse ora, il giorno in cui mio padre morì per la prima volta. Avevo forse cinque o sei anni ed una domenica lui mi portò come soleva fare spesso, al parco non molto distante da casa nostra. Gli piaceva moltissimo portarmi a spasso e quella volta , dopo aver corso e giocato un po’, ci fermammo nei pressi d’una siepe. Il cielo era azzurro, l’aria mite, credo fosse aprile, una tiepida giornata d’inizio primavera. Lui mi guardò fisso negli occhi e disse con aria di sfida : giochiamo a nascondino! Che bello, risposi io e mi andai a celare dietro un grosso fusto di pino secolare. Ovviamente lui mi trovò subito. Adesso tocca a te! Feci io. Mio padre divenne improvvisamente serio : e se mi nascondessi talmente bene che tu non riuscissi più a trovarmi? Impossibile, risposi io, ti troverò sicuramente. Fu così che mi voltai verso l’albero, chiusi gli occhi e cominciai a contare. I secondi scorrevano velocemente, sentii un piccolo e veloce fruscio, poi più nulla…Di scatto mi voltai con un sorriso beffardo. Avevo sentito qualcosa muoversi ad una decina di metri da me, giusto vicino un fossato. Sorrisi e corsi a pregustare la mia vittoria…Ma non trovai nulla. Mi girai di nuovo ad osservare il luogo in cui ci eravamo fermati poco prima. ..non poteva essere lontano. Già più serio cominciai a guardare meglio…ma certo! Il cespuglio. Come mai non ci avevo pensato prima! Zompettai contento e veloce pregustando già la mia vittoria ma…ancora nulla. Nulla neanche dietro il cespuglio. Ero diventato serio adesso e corrucciato, il cuore cominciava a battere più veloce…ma doveva essere lì , ero piccolo ma non stupido, le persone non possono sparire. Guardai più attentamente. Negli avvallamenti del terreno nulla …dietro l’erba nulla, una lunga fila di arbusti…ci girai intorno, nulla e ancora nulla! La strada sterrata prima percorsa insieme era ora desolatamente vuota, nessun rumore percettibile, qualche farfalla volava di fiore in fiore. Fu allora che scoppiai in un pianto irrefrenabile e singhiozzante…era sparito, non c’era più! Aveva mantenuto la promessa. Era scomparso!!! E mentre le lacrime mi scivolavano sulle guance un forte abbracciò mi sollevò da terra ed una carezza sul viso : “ scemetto, perché piangi? Ero dietro la siepe , non mi avevi visto?” Ma ci misi un po’ per calmarmi. In seguito non dimenticai più questa scena e queste sensazioni. Sapevo che un giorno le avrei riprovate…e non sarebbe stato per gioco. Per molto tempo credetti d’averla fatta franca… ma poi un giorno tre anni fa il gioco gli riuscì meglio . Questa volta mio padre se ne andò sul serio dentro una grande cassa di legno ed io ero abbastanza grande per capire che non sarebbe più riuscito fuori da una siepe.
Eppure in fondo al cuore continuo a cercarlo e ritorno spesso in quel parco e…lo confesso, guardo spesso dietro quella siepe sperando un giorno di risentire una dolce carezza sul viso….
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