giovedì 27 settembre 2012

L'ANNO DELLA FEDE

“Approfitto volentieri di questa occasione per annunciare che ho deciso di indire uno speciale Anno della Fede, che avrà inizio l’11 ottobre 2012 – 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II – e si concluderà il 24 novembre 2013, Solennità di Cristo Re dell’universo”
(Benedetto XVI alla recita dell’Angelus, 16 ottobre 2011)
Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune che non alla consistenza stessa di questa fede, così data per scontata.. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone.
Ovviamente noi cristiani non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta (cfr Mt 5,13-16). Anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua viva (cfr Gv 4,14). Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modo fedele, e del Pane della vita, offerti a sostegno di quanti sono suoi discepoli (cfr Gv 6,51). L’insegnamento di Gesù, infatti, risuona ancora ai nostri giorni con la stessa forza: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la via eterna” (Gv 6,27). L’interrogativo posto da quanti lo ascoltavano è lo stesso anche per noi oggi: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?” (Gv 6,28). Conosciamo la risposta di Gesù: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato” (Gv 6,29). Credere in Gesù Cristo, dunque, è la via per poter giungere in modo definitivo alla salvezza.
 Con la Lettera apostolica Porta fidei dell’11 ottobre 2011, il Santo Padre Benedetto XVI ha indetto un Anno della fede. Esso avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, e terminerà il 24 novembre 2013, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. Dice il Papa :
Quest’anno sarà un’occasione propizia perché tutti i fedeli comprendano più profondamente che il fondamento della fede cristiana è «l’incontro con un avvenimento, con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva». Fondata sull’incontro con Gesù Cristo risorto, la fede potrà essere riscoperta nella sua integrità e in tutto il suo splendore. «Anche ai nostri giorni la fede è un dono da riscoprire, da coltivare e da testimoniare», perché il Signore «conceda a ciascuno di noi di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani».
Per questo, tra le numerose iniziative che la Chiesa proporrà ai fedeli durante questo periodo, grande spazio sarà dedicato alla riscoperta dei documenti fondamentali del Concilio Vaticano II e all’approfondimento del Catechismo della Chiesa Cattolica.
 Il principale avvenimento ecclesiale all’inizio dell’Anno della fede sarà la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, convocata da Papa Benedetto XVI nel mese di ottobre 2012 e dedicata a La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana.
Nell’Anno della fede occorrerà incoraggiare i pellegrinaggi dei fedeli alla Sede di Pietro, per professarvi la fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, unendosi con colui che oggi è chiamato a confermare nella fede i suoi fratelli (cfr Lc 22, 32). Sarà importante favorire anche i pellegrinaggi in Terra Santa, luogo che per primo ha visto la presenza di Gesù, il Salvatore, e di Maria, sua madre.
Nel corso di quest’Anno sarà utile invitare i fedeli a rivolgersi con particolare devozione a Maria, figura della Chiesa, che «in sé compendia e irraggia le principali verità della fede». È dunque da incoraggiare ogni iniziativa che aiuti i fedeli a riconoscere il ruolo particolare di Maria nel mistero della salvezza, ad amarla filialmente ed a seguirne la fede e le virtù. A tale scopo risulterà quanto mai conveniente effettuare pellegrinaggi, celebrazioni e incontri presso i maggiori Santuari.
Per tutti i credenti, l’Anno della fede offrirà un’occasione propizia per approfondire la conoscenza dei principali Documenti del Concilio Vaticano II e lo studio del Catechismo della Chiesa Cattolica.
Così pure risulta importante conoscere la testimonianza dei  Santi e dei Beati che sono gli autentici testimoni della fede. Il cui esempio ( soprattutto di quelli del proprio territorio o pertinenti allo propria spiritualità professata )  ,dovrà essere incoraggiata utilizzando anche i moderni mezzi di comunicazione sociale.
 Sarà utile approfondire argomenti di carattere apologetico.. Ogni fedele potrà così meglio rispondere alle domande che si pongono nei diversi ambiti culturali, in rapporto ora alle sfide delle sette, ora ai problemi connessi con il secolarismo e il relativismo, ora agli «interrogativi che provengono da una mutata mentalità che, particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezze razionali a quello delle conquiste scientifiche e tecnologiche», così come ad altre specifiche difficoltà.
L’Anno della fede «sarà un’occasione propizia per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia». Nell’Eucarestia, mistero della fede e sorgente della nuova evangelizzazione, la fede della Chiesa viene proclamata, celebrata e fortificata. Tutti i fedeli sono invitati a prendervi parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente, per essere autentici testimoni del Signore.
L’Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno.
Non a caso, nei primi secoli i cristiani erano tenuti ad imparare a memoria il Credo. Questo serviva loro come preghiera quotidiana per non dimenticare l’impegno assunto con il Battesimo. Con parole dense di significato, lo ricorda sant’Agostino quando, in un’Omelia sulla redditio symboli, la consegna del Credo, dice: “Il simbolo del santo mistero che avete ricevuto tutti insieme e che oggi avete reso uno per uno, sono le parole su cui è costruita con saldezza la fede della madre Chiesa sopra il fondamento stabile che è Cristo Signore … Voi dunque lo avete ricevuto e reso, ma nella mente e nel cuore lo dovete tenere sempre presente, lo dovete ripetere nei vostri letti, ripensarlo nelle piazze e non scordarlo durante i pasti: e anche quando dormite con il corpo, dovete vegliare in esso con il cuore”.
Per fede i martiri donarono la loro vita, per testimoniare la verità del Vangelo che li aveva trasformati e resi capaci di giungere fino al dono più grande dell’amore con il perdono dei propri persecutori.
Per fede uomini e donne di tutti i tempi hanno consacrato la loro vita a Cristo, lasciando ogni cosa per vivere in semplicità evangelica l’obbedienza, la povertà e la castità, segni concreti dell’attesa del Signore che non tarda a venire. Per fede tanti cristiani hanno promosso un’azione a favore della giustizia per rendere concreta la parola del Signore, venuto ad annunciare la liberazione dall’oppressione e un anno di grazia per tutti (cfr Lc 4,18-19).
Per fede, aggiungiamo noi, S. Francesco e dopo di lui una schiera innumerevole di santi francescani hanno abbandonato tutto per seguire Cristo povero e crocifisso.
Per fede noi francescani secolari ci impegniamo con la professione a raggiungere la perfezione della carità nel nostro stato di vita.
Affidiamo alla Madre di Dio, proclamata “beata” perché “ha creduto” (Lc 1,45), questo tempo di grazia, di impegno e di conversione.

Ed egli disse loro: "Perché avete paura, o gente di poca fede?" Allora, alzatosi, sgridò i venti e il mare, e si fece gran bonaccia. Mt. 8:26


                                               Antonio Fasolo Ofs







Cfr. LETTERA APOSTOLICA  IN FORMA DI MOTU PROPRIO
PORTA FIDEI del Sommo Pontefice Benedetto XVI
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
 Nota con indicazioni pastorali per l’Anno della fede

sabato 8 settembre 2012

DALLA PARTE DI GIUSEPPE...

" Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto..."

Con Maria incinta, siamo messi davanti anche alla figura di Giuseppe, “uomo giusto”, oggi abbiamo ascoltato del suo strazio, del suo profondo dolore nel rendersi conto che la Fidanzata è incinta. Insieme all’amaro sconvolgimento interno di Giuseppe, siamo messi di fronte al silenzio di Maria. Ella tace perché non può parlare, non può spiegare, non può raccontare al suo fidanzato quello che era successo: come avrebbe potuto? Certo che desiderava ardentemente che Giuseppe sapesse il misterioso “come” della sua maternità, ma poteva mai raccontare al fidanzato quello che era successo? Quale Donna di buon senso, Ella tace e quale Donna di fede, Ella si affida al Padre e al Figlio che porta nel grembo.

Anche Giuseppe tace, non chiede, è confuso, smarrito, addolorato. Non sa cosa fare, ama Maria ed è tutto orientato verso le nozze ormai alle porte: Cosa fare?

Per meglio capire l’angoscia di Giuseppe dobbiamo sapere che il rito nuziale giudaico avveniva in due tempi. Dapprima c’era il Qiddushin (= Sposalizio) nel quale lo sposo acquisiva la sposa con un anello che infilava all'indice destro della sposa proclamando: “Ecco, tu mi sei consacrata secondo la legge di Mosè e d'Israele”, dopo di che veniva steso l’atto di matrimonio (ketubbah) e lo sposo si assumeva tutti gli obblighi inerenti al matrimonio, ma questo contratto matrimoniale non dava ancora diritto agli atti coniugali e quindi i due ancora non andavano ad abitare insieme. Successivamente si svolgeva, anche a distanza di mesi, il rito del Nissu'in (= Nozze) con cui lo sposo introduceva la sposa nella sua casa. Oggi gli ebrei hanno unificato il rito, per cui Qiddushin e Nissu’in formano l’unico rituale del matrimonio.

All’uomo che, avendo contratto il Qiddushin, non volesse celebrare il Nissu'in, non restava altro da fare che ripudiare la fidanzata-sposa con un atto pubblico di ripudio che doveva essere normalmente motivato, anche se poi, vista la società maschilista dell’epoca, bastava ogni pretesto per ripudiare la sposa.

Matteo ci racconta che Giuseppe “decise di ripudiare Maria in segreto”. Questo brano così com’è rimane più che oscuro, incomprensibile, perché il ripudio era un atto necessariamente pubblico in quanto liberava lo sposo dai suoi obblighi di marito di una donna e questa poteva contrarre matrimonio con un altro uomo. Mancando la notorietà dell’atto veniva a cadere lo stesso ripudio, cioè, se il ripudio non è pubblico non è ripudio. Cosa allora si nascondeva nella decisione di “ripudiarla in segreto”?

Una ipotesi che è stata formulata da qualcuno, è che Giuseppe avesse deciso di ripudiarla senza render noto il motivo, tenendo “segreto” il motivo. Ultimamente, in seguito a ritrovamenti di frammenti di documenti del tempo, sappiamo che questa prassi era possibile anche se non usuale. Ma questa ipotesi sembra non reggersi perché Maria era incinta e ripudiarla equivaleva a disconoscere la paternità del nascituro e conseguentemente ad apporre l’etichetta pubblica di peccatrice su Maria.

Un’altra ipotesi sembra più consona alla realtà avvenuta ed è la seguente: il termine “in segreto” non si riferisce al ripudio, ma alla decisione presa in segreto (= non comunicata a nessuno) di ripudiare Maria. Questa ipotesi rende tutto più umanamente comprensibile e semplice: Giuseppe quindi, da uomo “giusto” vedendo la sua sposa incinta prima che andassero a vivere insieme, non trova altra soluzione “giusta” che quella di ripudiarla e quindi sottoporre Maria allo scandalo. Non aveva altre possibilità “giuste”. Rimanere con Maria e dare il suo nome al nascituro legittimandolo? Questo non era affatto “giusto” secondo un uomo formato alla Legge del V. T., dove l’adultera veniva lapidata. E, di fatto, Maria in quanto sua sposa a tutti gli effetti giuridici, essendo incinta non da lui appare, ai suoi occhi, necessariamente come adultera.

Giuseppe quindi prese la decisione in segreto, nel suo cuore senza ancora comunicarla a nessuno, di ripudiare pubblicamente Maria. E quando si trovava proprio nella fase di esecuzione di quanto deciso, proprio quindi quando il suo affranto era al massimo e stava per effettuare “giustamente” l’atto pubblico del ripudio, lì interviene il buon Dio mandandogli un Angelo a spiegargli come Maria è incinta, sì, ma non è adultera perché “vergine”!

Pensiamo un po’ alla gioia di Giuseppe di saper vergine la sua sposa dalla quale credeva di esser stato tradito. D’altra parte, pensiamo anche alla sua amarezza, al suo senso di colpa che inevitabilmente gli sopravvenne per aver potuto dubitare di Maria. Giuseppe, certamente avrà pianto e piangendo avrà chiesto a Maria di perdonarlo per aver potuto dubitare di Lei.

Siamo quindi oggi di fronte a due “silenzi”: il silenzio di discernimento di Giuseppe, che chiuso nel suo dolore e davanti al Signore prende la decisione drammatica, ma necessaria (secondo lui) di ripudiare la sposa e il silenzio di Maria che sente la propria impotenza a comunicare a Giuseppe una tale maternità e si abbandona fiduciosa in Dio. Sono due silenzi che sono per noi “maestri” di vita.

Giuseppe ci insegna con il suo silenzio, con il suo atteggiamento, con la sua coerenza e fermezza, con la decisione presa di ripudiare la sua sposa, ci insegna a saper prendere delle decisioni, a fare discernimento. La decisione che Giuseppe prese nel suo cuore era oggettivamente sbagliata, ma lui non poteva saperlo. Aveva ragionato sul fatto, aveva pregato e aveva deciso secondo quanto lui riteneva “giusto”. A questo punto interviene il Signore a dargli un dato della questione che non era in suo potere conoscere: quel Figlio è di Dio non è figlio di un uomo, è Figlio di Dio, Maria è la Madre, ma il seme non è umano. A questo punto Giuseppe revoca la determinazione presa e ne prende un’altra. Giuseppe ci insegna a cambiare decisione quando capiamo che abbiamo sbagliato e a non presumere mai che ogni nostra scelta sia totalmente giusta e esatta perché non ci è dato di conoscere tutti i vari aspetti o conseguenze possibili di quanto dobbiamo decidere. È necessario quindi rimettere sempre ogni nostra decisione nelle mani del Signore e chiedere che Lui la benedica, la confermi o meno. Tutto questo richiede una buona dose di umiltà e distacco interiore dal proprio giudizio. Quando il Signore vede la nostra rettitudine e buona coscienza, difficilmente ci lascia sbagliare, ma viene in nostro aiuto con o senza Angeli e ci libera da ogni oscurità della mente e ogni timore: “Non temere Giuseppe di prendere con te Maria come sposa!”.

Qui abbiamo una seconda annunciazione, quella di Dio a Giuseppe, mentre a Maria Dio aveva chiesto, tramite un Angelo, di generare suo Figlio, qui Egli chiede a Giuseppe di far da padre a suo Figlio. Teniamo ben presente che, come abbiamo cercato di spiegare, Giuseppe era già lo sposo di Maria quando Dio gli chiese questo, come, d’altra parte Maria era già la sposa di Giuseppe quando le venne chiesto di generare il Figlio di Dio. Appare ben chiaro così che queste due annunciazioni sono espressive di un intervento di Dio nel seno di una coppia di sposi che sconvolge totalmente i loro programmi, le loro più sante e buone aspettative sul loro amore, sulla loro famiglia. Dio entra in quel progetto umano e lo rivoluziona legando al loro “Sì” ad un figlio non previsto, la salvezza dell’umanità: che mistero!

Dio continua ancora oggi a sconvolgere i programmi delle persone, continua a sconvolgere progetti, attese, desideri di coppie che vedono svanire i propri sogni e attese più intime perché c’è un altro, misterioso sogno e desiderio di Dio su di loro, impariamo da Maria, impariamo da Giuseppe a fidarci di Dio, ad accogliere la missione che vuole affidarci per la salvezza del mondo.

Sembra inverosimile quello che accettò Giuseppe secondo la mente e il cuore di tanti che hanno una limitata esperienza dell’amore di Dio e di come Questi possa gratificare, riempire, soddisfare ogni anelito più profondo dell’animo umano. Quello che sempre mi dà fastidio è trovarmi davanti qualche dipinto o raffigurazione della Santa Famiglia dove si nota una giovane Maria accanto ad un Giuseppe vecchio bacucco: quasi a voler preservare l’integrità di Maria dalla vecchiezza dello sposo! Quasi a voler implicitamente affermare che se fosse stato giovane, Giuseppe non poteva accettare di accogliere Maria come sua sposa senza esserne marito e quindi vivendo con Lei un amore di intima amicizia, ma non coniugale.

Non è così! Certamente non fu così! Avremo la conferma solo quando saremo anche noi lassù dove adesso è lui, ma certamente Giuseppe era giovane quando sposò Maria e seppe rinunciare con semplicità e amore ai suoi umani desideri di sposo, perché non poteva opporsi, essendo “giusto”, alle richieste di Dio. Messo davanti a Dio, Giuseppe, da uomo “giusto”, sa stare al suo posto e ubbidisce lasciando da parte se stesso per abbracciare quel nuovo ruolo che Dio voleva che assumesse: padre putativo di suo Figlio e quindi rappresentante della sua paternità. E abbraccia questo ruolo con tutto se stesso e accoglie Maria presso di sé con un nuovo amore, più delicato, più intenso, più puro diventando così, lui, lo sposo della Vergine, anche il primo discepolo di quel Figlio che Lei porta in grembo e che chiede a tutti noi di accoglierLa nella nostra casa come Giuseppe a Nazareth e Giovanni al Golgota (cf Gv 19,27).

Dio cosa poteva chiedere a Giuseppe di più umanamente frustrante? Eppure Giuseppe ebbe fiducia, si abbandonò alla sua volontà e sperimentò come essa sia veramente sempre “Amore”, misterioso “Amore” che solo la fede rivela. Carissimi fratelli e sorelle, imitiamo dunque Giuseppe nell’accogliere nella nostra vita le istanze di Dio, anche quelle a noi non ancora pienamente comprensibili, sappiamo stare al nostro posto come lui e ubbidire con amore e certamente il Signore ci darà la gioia di capire che non ci siamo proprio sbagliati e renderà la nostra vita, che ai più forse apparirà umanamente sterile e vuota, divinamente feconda, una vita piena di significato, di valore, di intensità di affetti e di emozioni, una vita pienamente umana e come tale gratificante perché piena di Dio e del suo amore.
( dal Web )