giovedì 5 aprile 2012

Un presepe per Pasqua





di GIANCARLO MANIERI

Al "Don Bosco", la parrocchia romana del Tuscolano, vicina a Cinecittà, i salesiani che la animano si sono domandati: "Perché mai a Natale, festa dell'Incarnazione del Signore, si fa il presepe (la fortunata invenzione di san Francesco ha attraversato i secoli con la santa famiglia, la grotta, i pastori, l'asino e il bue, il paesaggio, eccetera) e a Pasqua, festa delle feste, memoriale di Cristo, che per non lasciare l'umanità si fa pane, solennità che ricorda il più incredibile dei miracoli, la resurrezione, perché non si fa qualcosa di simile a un presepe? Magari un quadro plastico, una scenografia, un diorama che ricordi al popolo di Dio gli avvenimenti finali della salvezza: l'ultima cena con l'istituzione dell'Eucarestia il giovedì santo; la morte in croce il venerdì di passione; il sepolcro del sabato santo rimasto vuoto per la resurrezione, la domenica senza tramonto, Pasqua del Signore!".
Così ecco l'idea sbocciare a poco a poco, a partire da una frase del Vangelo di Luca (24, 1): "Il primo giorno dopo il sabato (le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea [Luca, 23, 55]), di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato". Le donne dunque, sempre prime, sempre coraggiose. I discepoli, in effetti, eccetto il più giovane, si erano eclissati mentre loro, che forse avevano compreso meglio degli altri, con tipica intuizione femminile, la realtà profonda di quell'affascinante rabbi predicatore, hanno continuato a seguirlo fin sotto la croce, assieme a Maria sua madre, e a volerlo servire fin nel sepolcro, come avevano fatto in Galilea. Esse dunque nell'alba radiosa di un giorno che avrebbe ribaltato la storia del mondo e dell'uomo, esse e non altri, ebbero il coraggio tutto femminile di incamminarsi verso il sepolcro per "accudire" il corpo del Maestro.
Il diorama approntato al "Don Bosco", nello stesso posto dove tutti gli anni viene allestito il presepio, non presenta lo sparuto gruppetto delle donne di Galilea che la mattina di Pasqua si recarono là dove avevano deposto il maestro. Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome, le tre menzionate dall'evangelista Marco (16, 1), rappresentano tutte le donne del mondo. Tre, numero perfetto della cabalà ebraica, indica la totalità delle donne di ogni tempo e luogo. La scenografia, allestita nello splendido tempio, non ha un punto focale come il presepio di Natale, ne ha tre, come tre chiavi per aprire al ricordo e alla completa comprensione il dramma più incredibile della storia dell'intero universo: la morte e risurrezione di Gesù con il preludio dell'ultima cena. E proprio nel Cenacolo, la stanza della cena d'addio, si sono consumati due eventi opposti. Il primo è stato un gesto d'amore illimitato: Gesù sapendo di dover "partire" decide di restare come pane per la loro fame di Dio. Il secondo è stato un gesto di tradimento: uno dei suoi lo vende per trenta denari. Il diorama presenta poi il Golgota, con il Messia inchiodato sulla sua croce: i lampi dei fulmini sembrano sottolineare anche lo sconcerto della natura. Infine, in primo piano, il sepolcro, vuoto, momento clou di quei tragici giorni e inizio dell'era cristiana.
A significare l'universalità dell'evento, sono pure presenti alcuni simboli che rappresentano i continenti da cui si snodano le processioni di donne verso il sepolcro della salvezza: un cammello e il deserto per l'Africa, il Colosseo per l'Europa, la Grande muraglia per l'Asia, alcuni grattacieli e la Statua della libertà per l'America, due moai dell'isola di Pasqua per l'Oceania. Le donne, vestite nei loro costumi nazionali, formano colorati gruppi processionali in cammino verso la "grotta" della risurrezione: meta degli uomini e delle donne di tutti i secoli e desiderio nascosto di scavalcare l'abisso della morte, superare la stridente sinfonia del nulla eterno, riconquistare il senso. "Dov'è, morte, la tua vittoria?".
Audace forse l'idea, ma non peregrina. Il sepolcro senza più l'inquilino è profezia: è vuoto per svuotare i sepolcri di tutto il mondo. Si muore: re e sudditi, giudici e avvocati, barboni e nobili, tecnici e cenciaioli, vecchi e giovani, donne e bambini, e papi e soldati e contadini. Ma tutti si risorge, senza titoli di sorta, in un corpo glorioso, illuminato da quell'incredibile evento toccato a Gesù e che tocca tutti gli uomini di tutti i tempi: evento cosmico, attuale e profetico; evento unico di ieri, oggi e domani. Trascinati dalle donne che vanno al sepolcro, tutti siamo incamminati verso quel punto omega, che è anche un punto alfa, nuovo inizio, attimo eterno, eternamente giovane.


(©L'Osservatore Romano 5 aprile 2012)