Nel corso del primo angelus dell’anno
2014 il Santo Padre Francesco si è soffermato a lungo su questo tema, scelto
per la celebrazione della 47^ Giornata Mondiale della Pace. “Alla base c’è la
convinzione che siamo tutti figli dell’unico Padre celeste, facciamo parte
della stessa famiglia umana e condividiamo un comune destino. Da qui deriva per
ciascuno la responsabilità di operare affinché il mondo diventi una comunità di
fratelli che si rispettano, si accettano nelle loro diversità e si prendono
cura gli uni degli altri.” E occorre subito ricordare che la fraternità si
comincia ad imparare solitamente in seno alla famiglia, soprattutto grazie ai
ruoli responsabili e complementari di tutti i suoi membri, in particolare del
padre e della madre. La famiglia è la sorgente di ogni fraternità, e perciò è
anche il fondamento e la via primaria della pace, poiché, per vocazione,
dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore. Un padre e una madre godono e
sanno di essere stati capiti dai figli non quando essi dicono «Ti voglio bene,
papà», ma quando vedono che i figli si vogliono bene da veri fratelli. Così è
per il Padre Celeste.
La globalizzazione, tuttavia, continua
il Santo Padre,se da una parte rivela la spinta interiore dei popoli che
tendono verso la realizzazione di un’unica comunità umana, a causa del peccato
che avvelena i cuori, non riesce a trasformarsi spontaneamente in una società davvero più giusta e solidale,
ovvero in una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente,
prendendosi cura gli uni degli altri. Guerre , violenze, vendette, prepotenza,
corruzione, sono i nemici che quotidianamente attentano alla realizzazione di
questo progetto di pace. Cosi la facilità di comunicare in maniera così
immediata e veloce e di spostarci rapidamente
da un punto all’altro del globo, paradossalmente, come ha affermato
Benedetto XVI, ci fa sentire vicini, ma non ci rende fratelli .
Esemplare è il racconto biblico della
vicenda di Caino ed Abele. Esso insegna che l’umanità porta inscritta in sé una
vocazione alla fraternità, ma anche la possibilità drammatica del suo
tradimento. Lo testimonia l’egoismo quotidiano, che è alla base di tante guerre
e tante ingiustizie: molti uomini e donne muoiono infatti per mano di fratelli
e di sorelle che non sanno riconoscersi tali, cioè come esseri fatti per la
reciprocità, per la comunione e per il dono. Ci si può chiedere allora : l’uomo
può costruire un mondo migliore e pacifico appoggiandosi sulle sue sole
forze? Evidentemente no. Per questo Dio
si è fatto uomo, e lo abbiamo celebrato da poco nel Natale, e la missione di
Cristo è consistita, essenzialmente, in tre cose:
* nel rivelare che Dio è Padre e che noi
siamo tutti fratelli
* nel redimere mediante la croce, cioè
salvare, riportare alla dignità di figlio, l’uomo che si era perduto;
* nel riconsegnare tutte le cose e nel
restituire l’uomo a Dio.
In particolare, la fraternità umana è
rigenerata in e da Gesù Cristo con la sua morte e risurrezione.
La Croce è il “luogo” definitivo di fondazione della fraternità, che gli
uomini non sono in grado di generare da soli. La risurrezione ci costituisce
come umanità nuova, in piena comunione con la volontà di Dio, con il suo
progetto, che comprende la piena realizzazione della vocazione alla fraternità.
Nondimeno, come diceva Paolo VI, non
soltanto le persone, ma anche le Nazioni debbono incontrarsi in uno spirito di
fraternità . Questo dovere riguarda in primo luogo i più favoriti. I loro obblighi
sono radicati nella fraternità umana e soprannaturale e si presentano sotto un
triplice aspetto: il dovere di
solidarietà, che esige che le Nazioni ricche aiutino quelle meno
progredite; il dovere di giustizia
sociale, che richiede il ricomponimento in termini più corretti delle
relazioni difettose tra popoli forti e popoli deboli; il dovere di carità universale, che implica la promozione di un
mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e
da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo
sviluppo degli altri (. Populorum progressio
- 26 marzo 1967 ) . Ciò implica evidentemente
la sostituzione della dinamiche di sfruttamento e di potere con quelle di amore
e di servizio.
La mancanza di fraternità tra i
popoli e gli uomini, aggiunge il Pontefice, è una causa importante della povertà,
sia quella relazionale ,dovuta cioè alla carenza di solide relazioni
familiari e comunitarie, sia in senso stretto della povertà intesa come carenza
di beni.
Essa non può che essere guarita dalla
fraternità che ci suggerisce di soccorrere i poveri e di condividere i beni,
come insegna la perenne ed immutata dottrina sociale della Chiesa.
Altra
grave e profonda ferita inferta alla fraternità è l’esperienza dilaniante della guerra, sia
quella su vasta scala, sia quella che si esprime in micro conflitti
territoriali, o in forme più subdole ma non meno devastanti come la corruzione
e il crimine organizzato .Solo il
dialogo, il perdono e la riconciliazione possono ricostruire la giustizia, la
fiducia e la speranza nel cuore degli uomini e delle nazioni. Non bastano gli
accordi internazionali, i vertici tra capi di stato, gli sforzi diplomatici nè
le cosiddette “ road map “, se nel cuore dell’uomo manca la conversione. Essa
soltanto può mettere fine a tale sfacelo e far trionfare la fraternità.
Anche la
cosiddetta crisi economica non potrà mai essere risolta se non andando alle sue
radici che sono essenzialmente antropologiche e trovano la loro origine nel
progressivo allontanamento dell’uomo da Dio e dal prossimo, laddove il feticismo
del denaro e la dittatura di un tecnicismo ed di un’ economia senza volto hanno
ridotto l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo. In tal senso,
occorre richiamare a tutti quella necessaria destinazione universale dei beni che è uno dei
principi-cardine della dottrina sociale della Chiesa. Parafrasando S.Paolo
potremmo chiederci : “ Chi ci libererà da questa realtà che conduce alla morte
? “
Risponde il Papa : ci libererà Cristo, che è venuto nel mondo per portarci la
grazia divina, cioè la possibilità di partecipare alla sua vita. Ciò comporta costruire
una relazionalità fraterna, improntata alla reciprocità, al perdono, al dono
totale di sé, secondo l’ampiezza e la profondità dell’amore di Dio, offerto
all’umanità da Colui che, crocifisso e risorto, attira tutti a sé: «Vi dò un
comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così
amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli:
se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35). È questa la buona
novella che richiede ad ognuno un passo in più, un esercizio perenne di
empatia, di ascolto della sofferenza e della speranza dell’altro, anche del più
lontano da me, incamminandosi sulla strada esigente di quell’amore che sa
donarsi e spendersi con gratuità per il bene di ogni fratello e sorella. Ogni
attività deve essere, allora, contrassegnata da un atteggiamento di servizio
alle persone, specialmente quelle più lontane e sconosciute. Il servizio è
l’anima di quella fraternità che edifica la pace.
Non possiamo non fare un’ ultima
osservazione. Il tema scelto dal Papa per questa giornata mondiale della pace, i concetti
espressi, le considerazioni fatte, i punti toccati e le soluzioni proposte, ci
sono molto familiari. Fanno infatti parte del patrimonio e dell’’eredità
spirituale del carisma del Santo di Assisi e tradiscono l’approccio decisamente
francescano al problema ed alle sue soluzioni. Non possiamo che rallegrarci di
questo grande dono di Dio che per noi è Papa Francesco , senz’altro, oserei
dire . il più francescano dei pontefici
che si sono succeduti sulla cattedra di Pietro negli ultimi anni.
Antonio
Fasolo Ofs
Dalla regola e Costituzioni delll’Ofs
Reg. Ofs 13: Come
il Padre vede in ogni uomo i lineamenti del suo Figlio, Primogenito di una
moltitudine di fratelli, i francescani secolari accolgano tutti gli uomini con
animo umile e cortese, come dono del Signore e immagine di Cristo. Il senso di
fraternità li renderà lieti di mettersi alla pari di tutti gli uomini,
specialmente dei più piccoli, per i quali si sforzeranno di creare condizioni
di vita degne di creature redente da Cristo
Cost. 18.2-3: Devono approfondire i veri
fondamenti della fraternità universale e creare ovunque spirito di accoglienza
e atmosfera di fratellanza. Si impegnino con fermezza contro ogni forma di
sfruttamento, di discriminazione e di emarginazione e contro ogni atteggiamento
di indifferenza verso gli altri. Collaborino con i movimenti che promuovono la
fratellanza tra i popoli: si impegnino a «creare condizioni di vita degne» per
tutti e ad operare per la libertà di ogni popolo.